“Intruder” vuole dare voce alla Terra e Gary Numan si pone come oracolo, come strumento atto a questo scopo.
Se il precedente album “Savage: Songs From a Broken World” descriveva un mondo desolato e sconfitto, ora con “Intruder” Numan muta il punto di vista e vuole raccontare il lamento della Terra, la quale vede gli esseri umani come dei figli egoisti ed insensibili.
L’aurea dei Tubeway Army di fine anni ’70 e la verve del primo Gary Numan di inizio anni ’80 sono ormai quasi del tutto svanite. “Intruder” suona vetusto, sia nella costruzione della parete musicale che nell’utilizzo della, per carità , magnetica, voce del protagonista.
Trovo poco originale sia il lavoro compositivo e di arrangiamento dei brani che il concept stesso dell’album. Non ci apre gli occhi Gary Numan, con “Intruder” prende le parti della Terra in un modo davvero svogliato e puerile, come se stesse scribacchiando il contenuto di una traccia generica e “attuale” assegnata da un professore del liceo tramite un compito in classe.
Gary Numan è stato molto importante a inizio anni ’80 cavalcando l’onda altissima della new wave e ispirando molti artisti a ruota. Dentro “Intruder” non troviamo nemmeno niente di tutto questo. I celeberrimi synthoni lunghi ritornano senza una precisa ragione in questa soundtrack di un film polpettone apocalittico che per fortuna non vedremo mai, lasciando solo un sapore insulso e insipido. Il sound suona appunto vecchio, ma non ci riporta, più o meno piacevolmente, a quello di quegli anni, ci porta un po’ più vicino, circa a fine anni ’90. L’elettronica e le chitarre sintetiche sembrano riaffiorare dal profondo nu metal dozzinale di una ventina d’anni fa. Gary Numan canta a metà tra un adolescente Jonathan Davis e un clone mal riuscito di sè stesso in fissa coi Depeche Mode. Il disco è anche molto lungo come durata, proprio come si usava all’epoca, 1 ora e 4 minuti per un disco pop? Ma che siamo nel 1999?
Purtroppo “Intruder” non passerà alla Storia, ma anzi (per fortuna) passerà molto in sordina.
Temo che la carriera di Gary Numan sia giunta al lumicino, ma probabilmente lo vedremo sfornare qualche altro disco perchè comunque un artista non può fare altro, e lui sicuramente è un artista.
Vado ad ascoltarmi “The Pleasure Principle” và !
Ciao Gary, ci vediamo nel 1979 che è meglio.