I Garbage tornano e, a distanza di cinque anni dal precedente “Strange Little Birds”, sono più incazzati che mai. No, nessuna svolta heavy per Shirley Manson e compagni: la rabbia non è tanto nei suoni, ma nei contenuti dei testi. Stando alle parole dei diretti interessati “No Gods No Masters”, settimo lavoro in studio, non è altro che un’analisi critica del mondo moderno, brutalizzato da un capitalismo privo di valori e divorato da una ristrettezza di idee figlia del dilagare di razzismo, sessismo e misoginia. Per farvela in breve, anche a costo di un’eccessiva semplificazione: un’ultima zampata contro l’ideologia trumpiana che, purtroppo per noi, non accenna minimamente a svanire, nonostante la sconfitta del magnate newyorchese alle scorse elezioni presidenziali.
La risposta dei Garbage alle provocazioni e alle minacce dei rappresentanti di un sistema corrotto fino al midollo è a dir poco violenta. Tra le note sbilenche di “The Men Who Rule The World”, in costante bilico tra pop, funk e industrial, emerge in maniera netta il mantra The violator, hate the violator/The violator, destroy the violator. Odio e distruzione, quindi: sono questi i due fattori che guidano i Garbage di “No Gods No Masters”, un disco tanto cupo nelle atmosfere quanto stranamente accessibile.
L’elemento melodico, infatti, non è mai marginale: brani come la title track, “Uncomfortably Me”, “Wolves”, “Anonymous XXX” e “Flipping The Bird” non faticano in alcun modo a imprimersi nella memoria dell’ascoltatore. Un pregio, certo, ma anche un difetto: la band ci propone il suo classico rock elettronico, leggermente contaminato dal trip hop, senza correre troppi rischi. Nulla di male, perchè i risultati sono decisamente apprezzabili (soprattutto per quanto riguarda “Wolves”).
La qualità dell’album sale vistosamente proprio nei suoi momenti più incavolati/politicizzati – ovvero quelli in cui una come sempre straordinaria Shirley Manson sputa veleno contro le major discografiche (“The Creeps”), il razzismo (“Waiting For God”, ballad struggente e di grande intensità ), i predatori sessuali (“A Woman Destroyed”, una traccia ricca di sfumature diverse ed estremamente angosciante) e la società patriarcale (l’esplicita e affascinante “Godhead”, piena zeppa di riferimenti a Depeche Mode e Nine Inch Nails).
Per quanto non vi sia nulla di particolarmente innovativo o rivoluzionario, “No Gods No Masters” è a tutti gli effetti un’opera di rottura: una raccolta di canzoni impegnate, tenebrose e accattivanti che scandaglia le brutture umane in maniera seria e approfondita, senza mai scadere nel banale. I Garbage non brillano più come un tempo, ma sono ancora in buona forma: consigliato.
Photo Credit: Joseph Cultice