No, Belinda Carlisle non trovò il paradiso in terra nel 1987, anno in cui la sua più celebre hit solista ““ “Heaven Is A Place On Earth”, per l’appunto ““ raggiunse i vertici delle classifiche di praticamente ogni singolo paese esistente. I cancelli dell’empireo del rock le si aprirono molto tempo prima, quando ancora era la giovanissima frontwoman delle Go-Go’s. Nella primavera del 1982 l’esordio del quintetto losangelino, “Beauty And The Beat”, conquistò contro ogni aspettativa la prima posizione della Billboard 200, rimanendoci per ben sei settimane consecutive. A fare da traino, un paio di singoli entrati di diritto nella storia: la frizzantissima “Our Lips Are Sealed”, scritta in collaborazione con Terry Hall degli Specials, e “We Got The Beat”, un super-classico che schizza via al ritmo del suo irresistibile inciso.
Un sorprendente successo a scoppio ritardato per una band emersa dal folto sottobosco punk californiano e nata in circostanze assai particolari. L’incontro tra Carlisle e la chitarrista Jane Wiedlin, infatti, avvenne nel corso di un concerto dei Sex Pistols a San Francisco, l’ultimo di quella disastrosa tournèe statunitense del gennaio 1978 che ne sancì la fine.
Le ragazze non si fecero demoralizzare dal famoso messaggio lanciato dal palco del Winterland Ballroom da un esasperatissimo Johnny Rotten, che chiuse la catastrofica performance chiedendo agli spettatori se avessero mai avuto l’impressione di essere stati imbrogliati. Preferirono credere fino in fondo alla grande truffa del rock and roll: misero su un gruppo tutto al femminile partendo letteralmente dalle basi, visto che inizialmente nessuna di loro aveva mai toccato uno strumento.
La dura gavetta si rivelò fruttuosa: le Go-Go’s firmarono con la I.R.S. Records di Miles Copeland, fratello di Stewart batterista dei Police, e si presentarono al pubblico con le undici deliziose tracce di “Beauty And The Beat”. Un debutto fresco, leggero ed eccitante che quasi sembra scoppiare per l’incredibile quantità di motivetti orecchiabili e ritornelli ultra-catchy al suo interno, tutti tra l’altro supportati da un lavoro eccellente per quanto riguarda cori e armonie.
Della rabbia di quel punk rock che, almeno in principio, stregò Belinda Carlisle e compagne, non ve n’è neppure l’ombra. Alla base del disco c’è un mix estremamente semplice ma efficace tra la new wave di stampo americano e il power pop melodico e solare tipico degli anni ’60, con sfumature sparse di surf rock e post-punk che affiorano qua e là nei brani più malinconici e riflessivi in scaletta.
Potrebbe sembrare strano visto quanto detto in precedenza, ma le canzoni di questo tipo non sono neanche poche. Tra le note di “Tonite”, “Lust To Love”, “This Town”, “Fading Fast” e “Automatic” si avverte un filo di dolce tristezza che, tra toni e umori di volta in volta differenti, aggiunge profondità a un album che non è solo una sagra di gustosissimi hook acchiapponi (come, all’epoca dell’uscita, ebbe modo di dire un critico del calibro di Robert Christgau), ma una pagina memorabile di musica pop nella sua forma più poliedrica, accattivante e smaliziata. Una pietra miliare del rock al femminile.
Data di pubblicazione: 8 luglio 1981
Tracce: 11
Lunghezza: 35:34
Etichetta: I.R.S. Records
Produttori: Richard Gottehrer, Rob Freeman
Tracklist:
1. Our Lips Are Sealed
2. How Much More
3. Tonite
4. Lust To Love
5. This Town
6. We Got The Beat
7. Fading Fast
8. Automatic
9. You Can’t Walk in Your Sleep (If You Can’t Sleep)
10. Skidmarks On My Heart
11. Can’t Stop The World