I Leatherette nascono a Bologna, città con una forte cultura alternativa che si riflette pure in ambito musicale. E’ in questo fertile terreno che Michele Battaglioli (chitarra e voce), Francesco Bonora (batteria) e Marco Jespersen (basso) decidono nel 2018 di unirsi e formare una band che prende il nome dal titolo del brano “Warm Leatherette” di The Normal, moniker del produttore inglese Daniel Miller che nel 1978 lo pubblicò per la sua Mute Records. Il pezzo in questione fa parte della storia, inciso utilizzando un sintetizzatore Korg “rivoluzionò la musica elettronica con la sua estetica punk, il suono forte e la tematica cupa”.
La band bolognese adottò questo nome perchè ” ci sembrava suonasse come una presa in giro del rock, del divismo. la finta pelle come qualcosa di autoironico, cheap, anacronistico, più punk e disgraziato”.
Registrano un demo (No Way) e nel 2019 si aggiungono Jacopo Finelli (sax e synth) e Andrea Gerardi (chitarra) a completare la formazione che ci porta ai giorni nostri con il debutto, 4 brani raccolti in un EP intitolato “Mixed Wasted”.
Testi in inglese, l’EP si apre con “Decisions”, un brano trascinante dalla forte energia alimentata da un basso e una batteria irrompenti. Il testo affronta l’illusione di poter prendere decisioni in completa armonia e sicurezza ma spesso siamo solo vittime delle nostre scelte dettate da istinti e instabilità . Decisamente il pezzo più potente del gruppo che condensa in poco più di due minuti l’anima disordinata e sconnessa della band, quel riff punk ne è la prova!
La title track da modo, con i suoi quattro minuti e mezzo di durata, di far sbizzarrire i musicisti che si divertono a costruire virtuosismi su un semplice accordo che si ripete per tutta la durata del brano, Un cantato dai tratti tipicamente slacker. Ritmo lento e stropicciato introduce il brano che con sfumature jazzate amplificate da un sax disarticolato e disordinato che si inoltra in un territorio buio e spettrale con un cambio di ritmo che ci dona una strana sensazione di squilibrio.
Mentre “Leave Her” tratta il tema della separazione con la sola chitarra ad accompagnare con due accordi, in un cantato “cantilenato” la conclusiva “Thru Concrete” ha atmosfere più delicate e pop, il tema della solitudine è qui trattato in maniera angosciante con il protagonista che ritorna a casa nuotando nel cemento diventato liquido, una scena dalla notevole forza emozionale.
Vi è una ricerca di suoni sperimentali, l’uso del synth a condimento di ogni pezzo caratterizza la produzione di questo mini album che colpisce per il coraggio e l’ardore nel cercare nuove sonorità . L’aggiunta del sax è un’arma in più per questa band nostrana che merita un’attenzione per niente marginale.
Credit Foto: Francesca Basili