E’ passato poco più di un anno dall’uscita del suo debutto solista “Perfume”, ma Max Bloom è già ritornato con questo suo sophomore: mentre i suoi Yuck hanno ufficialmente annunciato di essersi sciolti proprio pochi mesi fa, il musicista inglese ha preparato questa sua nuova fatica, registrata nel suo nuovo home studio a Hackney, in cui ha suonato tutti gli strumenti in prima persona (salvo che la batteria curata da Adam Gammage).
Molto raffinato l’inizio di questo nuovo cammino aperto proprio dalla title-track “Pedestrian”: non ci sono solo le chitarre, ma anche piano, synth e soprattutto archi ad accompagnare questo nostalgico e melodico tuffo nel passato.
Poco dopo “All The Same”, seppur malinconica, risulta assolutamente godibile con una buona soluzione sonora descritta da un drumming convincente e da synth scintillanti che ci portano verso strani territori pop dalle leggere venature psichedeliche.
La pur malinconica “Imposter Syndrome”, con le sue energiche chitarre dalle venature shoegaze, non nasconde però anche influenze elettroniche, mentre la successiva “Under Green Skies”, attraverso il suono ripetitivo della sue sei corde, delle percussioni incisive e qualche sprazzo di archi, sa creare atmosfere cupe, ma di grande emotività che ci fanno tornare in mente i Daughter.
Più dolce e pulita, invece, la dolce “Twenty-Two” trova le sue principali tendenze negli anni ’90: un brano shoegaze dai toni bassi, che ci regala belle melodie e momenti riflessivi.
Un album gradevole e interessante, questo secondo lavoro di Max Bloom unisce numerose influenze in maniera elegante e intelligente senza mai risultare fuori contesto: un passo in avanti per il musicista inglese.
Photo credit: Bex Day