Grandi band, grandi progetti finiti a volte in maniera improvvisa e inaspettata che spesso ha lasciato i fan sorpresi e dispiaciuti, in questa prima stagione affronterò sei band o progetti che più o meno improvvisamente si sono conclusi, analizzando anche il dopo dei singoli componenti.
E’ vero che il front man spesso, soprattutto quando è parte importante della fase creativa, determina la fine ma sarà sempre così? Lo vedremo insieme in questa prima stagione, forse unica, in cinque episodi.
Iniziamo con una delle più grandi band di sempre i Talking Heads.
La frase
“You could say that Tina and I were the team who made David Byrne famous.” (Chris Frantz)
Questa frase è presente nella prefazione del libro “Remain in love: Talking Heads, Tom Tom Club, Tina” di Chris Frantz uscito nel 2020 e non ancora pubblicato in italiano, ma che vale lo sforzo, almeno per me, della lettura in lingua originale.
La frase è significativa non solo perchè in fondo riassume quello che molti componenti di una band sciolta potrebbero dire del loro front-man, ma soprattutto perchè indica come la magia di una band spesso non è replicabile in una carriera solista.
L’incontro e il confronto tra musicisti spesso genera progetti indimenticabili e unici, l’insieme dei protagonisti è l’essenza della pietra filosofale, i Talking Heads rappresentano la forma migliore di questa magica alchimia.
La fine
“Naked” esce nel 1988 e possiamo tranquillamente pensarlo come la fine dei Talking Heads, David Byrne aveva già da un po’ di tempo iniziato a pensare che il progetto della band fosse ormai terminato, ma pensò che un ritorno a sonorità del loro passato potesse dare una nuova spinta e stimoli.
La produzione viene affidata a Steve Lillywhite che coinvolge la deliziosa moglie Kirsty MacColl, tragicamente deceduta nel 2000 travolta da un motoscafo mentre praticava immersioni subacquee, backing vocals in “(Nothing But) Flowers” e in “Bill”, e il suo amico Johnny Marr che darà il suo contributo.
” … Johnny suonò brillantemente e con facilità . Dopo che lui finì Tina e io abbiamo condiviso un pò di erba e bevuto una bottiglia di vino con Johnny, Steve e la sua amorevole ed esuberante moglie dai capelli rossi (Kirsty MacColl ). Quindi Johnny poi tornò a Manchester. Io non sono mai stato un grande fan di Morrissey, mi è sempre sembrato cosi stucchevole, ma sarò sempre un fan di Johnny Marr. Grande ragazzo.” (Chris Frantz).
L’intenzione di allontanarsi da “Little Creatures” e “True Stories” e quindi dalla creazione di brani nella forma classica di canzone, si trasforma nella volontà di recuperare qualcosa dal passato coinvolgendo tanti artisti africani e introducendo influenze e ritmici caraibici, cosi l’inizio dell’album con “Blind” sembra farci ripiombare nel periodo di “I Zimbra”. In realtà la magia questa volta non si realizza pienamente, la volontà di allontanarsi dalla deliziosa deriva mainstream degli ultimi album produce un lavoro dove manca anche la sorpresa, e la produzione non brillantissima fa il resto.
Verrà comunque ben accolto dalla critica e venderà parecchio in giro per il mondo, i singoli scelti furono ” Blind ” e ” (Nothing But) Flowers”.
L’album a mio parere, pur avendo alcuni pezzi notevoli, è in assoluto il più debole della band.
I Talking Heads si sciolgono ufficialmente nel 1991 ma già dall’uscita di “Naked” la band era in stand by, in pratica è David Byrne che sceglie di andarsene con esplicito disappunto degli altri componenti.
After the end
David Byrne – voce, chitarra
La sua carriera solista inizia nel 1989 con l’uscita di “Rei Momo”, e ormai tutti già all’epoca sapevamo che i Talking Heads era morti e sepolti.
Non era la prima produzione in solitaria di David Byrne, come non ricordare il bellissimo “My Life in the Bush of Ghosts” in collaborazione con Brian Eno, qui trovate la nostra celebrazione, ma ora la situazione era diversa.
David Byrne pubblicava con la sua etichetta discografica appena fondata, la Luaka Bop che aveva la distribuzione della Warner Bros. Records, casa discografica con la quale poi firmerà nel 1992 per proseguire la sua carriera solista.
Con la sua etichetta pubblica musica da tutto il mondo con una chiara propensione verso la world music, anche se lo stesso David Byrne rifiutava questa definizione dichiarando che l’intento era solo di far conoscere al mondo che la pop music ha mille colori.
Notevole sarà il lavoro fatto con la musica brasiliana pubblicando sia i classici che facendoci conoscere meglio i formidabili Os Mutantes e Moreno Veloso, anche nel suo album “Rei Momo” si sente questa influenza del sound brasiliano.
Dagli anni 90 in poi realizza diversi lavori, “Uh-Oh” nel 1992, “David Byrne” nel 1994 e “Feelings” nel 1997 dove collabora con i Morcheeba, il 2000 lo apre con “Look into the Eyeball” (2001), poi esce “Grown Backwards” nel 2004, “Everything That Happens Will Happen Today” nel 2008 con Brian Eno, “Love This Giant” nel 2012 con St. Vincent.
Non riesce a catturare la stessa attenzione e consenso avuto con i Talking Heads ma i suoi lavori sono sempre molto interessanti, torna dopo un lungo periodo nel 2018 con “American Utopia” ed è un grande ritorno, qui la nostra recensione, a cui farà seguito un lungo e fantastico tour.
Personalmente ho avuto la fortuna di vederlo ad Umbria Jazz dove instancabile ha cantato e ballato, su un palco completamente libero, insieme ai suoi ballerini e musicisti tutti con strumentazione a spalla, concerto bellissimo che ha infiammato la platea dell’Arena Santa Giuliana.
Qui troverete il resoconto del concerto del 2018 che pubblicai per Indie For Bunnies: DAVID BYRNE Live @ Umbria Jazz (Perugia, 20/07/2018).
Nel 2020 lo spettacolo è stato trasformato in un film con la regia di Spike Lee a certificare la grandezza di un tour irripetibile.
Tina Weymouth – basso, voce e Chris Frantz – batteria, percussioni
La scelta di parlare di Tina Weymouth e Chris Frantz insieme non è motivato tanto dal fatto di rappresentare insieme la sezione ritmica dei Talking Heads, ma dal fatto che la loro vita è intrecciata indissolubilmente in una lunga e felice storia d’amore.
La cosa è rara nel mondo dello show business, considerato che si sono conosciuti giovanissimi e già nel 1977 erano sposati.
Insieme nel 1980 fondano, insieme al chitarrista Adrian Belew (King Crimson), i Tom Tom Club, progetto parallelo a quello principale dei Talking Heads, con il quale inaspettatamente raggiungono un successo planetario incredibile.
Il singolo “Wordy Rappinghood” è una “genialata” mainstream che nel 1981 scala le classifiche di tutto il mondo compresa l’Italia, il brano è un rap sbilenco e delizioso, il secondo singolo “Genius of Love” fu un altro grande successo.
Con gli album successivi i Tom Tom Club non riusciranno a bissare il successo iniziale, ma l’eponimo album di debutto del 1981 resta uno degli episodi più singolari degli anni 80.
Dopo la fine dei Talking Heads ?
Tina e Chris continuano con i Tom Tom Club pubblicando il loro quarto album “Dark Sneak Love Action” nel 1992, “The Good, the Bad, and the Funky” nel 2000 e “Downtown Rockers” nel 2012 che passano tutti abbastanza inosservati.
Nel 1996 insieme a Jerry Harrison fondano The Heads e incidono l’album “No Talking, Just Head”, primo e unico della band, nel quale ogni brano è interpretato da un cantante diverso con ospiti del calibro di Debbie Harry, Richard Hell, Shaun Ryder (Happy Mondays), Gordon Gano (Violent Femmes), Johnette Napolitano (Concrete Blonde) .
Il progetto prevedeva, oltre all’album, un tour nel quale intendevano riproporre brani dei Talking Heads e altri album futuri, ma non avevano fatti i conti con un risentito David Byrne, che li cita in giudizio sostenendo che il nome fosse troppo assimilabile a quello dei Talking Heads.
Non si arriva ad una sentenza perchè la cosa si risolve in via extragiudiziale, ma il progetto, anche a causa delle recensioni negative e le scarse vendite, muore subito dopo.
Tina Weymouth e Chris Frantz hanno anche prodotto insieme diversi album, “Yes Please!” degli Happy Mondays nel 1992, diversi album di Ziggy Marley and the Melody Makers e hanno anche partecipato come musicisti all’album di debutto omonimo dei Gorillaz.
Dalla loro felice unione nascono Egan Frantz musicista e affermato pittore e Robin Frantz musicista noto con il nome d’arte di Kid Ginseng.
Jerry Harrison – tastiere, chitarra, voce
Dopo lo scioglimento dei Talking Heads oltre a far parte dei The Heads, di cui abbiamo già parlato, Jerry Harrison continua la sua carriera di produttore iniziata nel 1986 con il, a dire il vero deboluccio, “The Blind Leading the Naked” dei Violent Femmes, collaborando negli anni con Crash Test Dummies, General Public, No Doubt, Fine Young Cannibals, Foo Fighters e tanti altri.
Insieme ai Turkuaz e Adrian Belew per il 2020 aveva messo in piedi un tour per celebrare i 20 anni di “Remain In Light”, progetto disturbato dalla pandemia ma che gli artisti sono intenzionati a riprendere e a portare in giro per il mondo, nei concerti oltre al vasto repertorio dei Turkuaz ampio spazio ai pezzi dei Talking Heads.
Tra i suoi progetti più singolari ha co-fondato un’azienda che sta cercando di creare un nuovo antidoto ai morsi di serpente.
Reunion
David Byrne ha più volte negli anni escluso la possibilità di reunion anche solo per un tour celebrativo, nel 2020 a riguardo ha dichiarato in un intervista a NME “Probably not. There’s a lot of differences that haven’t entirely gone away. And I think, as is evident ….. I’m having a pretty good time doing what I’m doing“, e decisamente il periodo di American Utopia è stato denso di soddisfazioni.
Chris Frantz e gli altri componenti invece hanno invece sempre sperato nella possibilità di riunire la band, agli inizi degli anni 2000 tutti offrivano una valanga di soldi per un tour o almeno la registrazione di un live e Chris Frantz ebbe la speranza di un nuovo inizio, si scontrò nuovamente nella decisione definitiva di Byrne, <<Te l’ho già detto e lo ripeto per l’ultima volta. Non mi riunirò mai con i Talking Heads.>> sembra gli abbia scritto.
L’ultima esibizione dal vivo della band risale al 2002, durante la cerimonia per la loro ammissione alla Rock’n’Roll Hall of Fame, e in quell’occasione hanno riproposto “Psycho Killer”, “Life During Wartime”, “Burning Down the House” e “Take me to the River”.
Ultimamente si è fantasticato di nuovo su una loro reunion ma direi che le probabilità sono ormai decisamente basse.
Nel prossimo episodio:
«Questo è stato uno dei più fantastici tour della nostra vita. Vorrei ringraziare la band. Tra tutti gli show di questo tour, questo in particolare resterà con noi più a lungo, perchè non è solo l’ultimo show di questo tour, ma è l’ultimo show in senso assoluto. Grazie » (David Bowie Hammersmith Odeon di Londra 3 luglio 1973)