“Lost in the Cedar Wood” è il nuovo album del golden boy made in UK per eccellenza: il sempre amabilissimo Johnny Flynn. In uscita per Transgressive Records, l’ultimo lavoro dell’artista si avvale della collaborazione di Robert Macfarlane, scrittore, critico letterario e insegnante all’Emmanuel College di Cambridge. Amici di vecchia data, durante il lockdown i due uniscono gli sforzi e plasmano un disco che trasuda purezza, sollecitando interrogativi primordiali, narrando storie ricche di natura, paesaggi, folklore, camminate e dipingendo vividamente fulgide immagini traboccanti di simboli.
Il titolo dell’album, “Lost in The Cedar Wood”, fa riferimento ad un episodio dell’epopea di GilgameÅ¡, un ciclo epico di ambientazione sumerica, che narra la distruzione di una foresta sacra da parte del protagonista, GilgameÅ¡ per l’appunto, in nome della ricerca della fama. Una storia che viene cantata in brani come “Tree Rings” e che ci racconta di come, purtroppo, la razza umana commetta sempre gli stessi errori, nella stessa maniera arrogante ed ingenua, e di come non tragga insegnamento dai moniti del passato. La deforestazione, la distruzione sconsiderata della natura per raggiungere una sempre maggior comodità , sono temi che riecheggiano potentemente nell’album. Passando per un’opera che risale a circa 4500 anni fa ed attraversando una pandemia che continua a paralizzare il mondo intero, Flynn e MacFarlane creano un disco che se non possiamo definire di protesta, possiamo di sicuro confermare essere strabordante di quesiti attualissimi, che pungono l’ascoltatore nel vivo.
In qualche modo, l’album echeggia anche dei toni dolci e campestri che Flynn ci ha fatto assaggiare in anteprima con “Queen Bee”, brano presente nella colonna sonora di “Emma”, una recente trasposizione cinematografica del celebre romanzo di Jane Austen, in cui lo stesso Flynn ha recitato come co-protagonista. “Raccontare storie come una collettività è una cosa profondamente spirituale, è ciò che mi ha spinto a diventare attore” afferma Flynn in una recente intervista, ricollegandosi alla precedente esclamazione di MacFarlane che sostiene che” una collaborazione, quando raggiunge il massimo potenziale, è un processo alchemico”. Pochi sono i dubbi in merito alla lunghezza d’onda sulla quale viaggiano entrambi gli autori di “Lost in The Cedar Wood”: la sincera gioia per una creazione condivisa, infatti, permea tutto il disco e permette, sia a Flynn che a MacFarlane, di affrontare svariate tematiche, tutte di ampio respiro.
Canzoni come, “Ten Degrees of Strange” e “The World To Come” (la mia preferita dell’album), cantano della meraviglia provata nel constatare che il canto degli uccelli fosse più rumoroso perchè l’inquinamento acustico risultava radicalmente diminuito durante la pandemia. Quella suonata da Flynn e MacFarlane è una natura che torna a prendere il sopravvento quando tutto il resto è come messo in pausa, eternamente sospeso, una natura che è divina, misteriosa e dirompente come quella descritta in “Gods and Monsters” ed incarnata dall’Enkidu, eroe selvaggio dell’epopea di GilgameÅ¡, cantato in “Enkidu Walked”.
Di “Lost in the Cedar Wood”, MacFarlane ha detto che è un mix concentrato di tutto quello che il cuore degli uomini ha dovuto sopportare in quest’ultimo anno, un ritorno alla natura scandito da gioia e dolore, da perdita e morte. Un’insieme, insomma, di tutti quegli elementi presenti nel cocktail che chiamiamo esistenza e che quest’anno, a causa della pandemia, è risultato, indubbiamente, più forte che mai.
L’ultimo lavoro di Flynn e socio conferma l’abilità di storyteller di un artista sempre più vicino alle sue radici. Rampicanti selvatici e spontanei, che seguono il ritmo di una storia senza fine, i brani messi assieme per “Lost in the Cedar Wood” sono tanto istintivi quanto ben studiati. Con quest’ultimo disco Flynn e MacFarlane ci regalano una piccola gemma indipendente e genuina, quasi un monito mite da custodire pacatamente e che, senza alcun dubbio, rispecchia perfettamente l’immagine dei suoi stessi autori.