Sono passati oltre tre anni da “Good Thing”, il sophomore di Leon Bridges: nel frattempo il songwriter nativo di Atlanta ha pubblicato lo scorso anno un EP, “Texas Sun”, che lo ha visto collaborare con i Khruangbin.
Questo nuovo disco, invece, prenda il suo nome dallo studio e hotel di East Hollywood dove Bridges viveva quando lo ha scritto e registrato.
Il disco si apre con “Born Again” che vede la partecipazione di Robert Glasper: dopo un inizio delicato, dove la sua passionale voce è accompagnata solo dal piano, arriva qualche fiato e in seguito un beat pulsante che dà il ritmo al brano: il finale invece vede protagonisti sax e tromba, che aggiungono un raffinato tocco al pezzo.
Ci piace tanto la morbidezza tutta R&B della successiva e romantica “Motorbike” che è costruita con il delicato suono della chitarra, qualche synth, il piano, ma anche un drumming ben presente capace di aumentare la velocità , ma senza mai disturbare i caldi vocals di Bridges.
Parla di amore, invece, “Magnolias” che, tra la leggerezza della sua chitarra acustica, le sue vivaci percussioni e quelle gradite inserzioni di fiati, è senza dubbio una delle nostre preferite del disco.
Molto bella ed emozionante “Sweeter”, a cui prende parte anche Terrace Martin, che racconta di un uomo di colore arrivato all’ultimo respiro: realizzata lo scorso anno dopo la brutale uccisione di George Floyd da parte della polizia, questa canzone non puo’ lasciare insensibili davanti al dolore che i due sanno descrivere così bene attraverso le loro voci.
La lunghissima (quasi sette minuti) “Don’t Worry”, in cui presta la voce Ink, è una infinita emozione che vede i due rispondersi, creando delicati e sensibili panorami R&B, mentre le percussioni hanno un non so che di funk.
“Gold-Diggers Sound” è un disco piuttosto soft e sentimentale, che ci porta in un mondo soul più contemporaneo rispetto alle sue proposte passate, ma non per questo ne perde in bellezza: un lavoro solido e di classe e un buon compagno di viaggio.