Il primo contatto arrivò presto. Il che fu sia un bene che un male allo stesso tempo.

Il 1991, in Inghilterra, scorreva col Madchester – che con i suoi Inspiral Carpets, Happy Mondays e i, precocemente leggenda, Stone Roses rivitalizzò le isole d’oltremanica, ispirando un’intera generazione di musicisti – ritrovatosi sull’infelice viale del tramonto.
Nel frattempo, a sud dell’isola, stava nascendo qualcosa di nuovo nell’aria.
Veniva pubblicato “Leisure”: il debutto di un quartetto di sbarbatelli con le frangette e le maglie rigate che, di lì a poco, avrebbe scritto, da protagonista, le pagine di un nuovo capitolo della storia della scena alternativa britannica: il Britpop.

Il disco verrà  pubblicato, soprattutto, sulla scia del buon successo dei singoli: dall’infatuazione dalle oscillazioni spaziali “She’s So High” sino alle frizzantine “There’s No Other Way” e “Bang”.
Tra cinque stelle da una parte e cinici stroncamenti dall’altra ““ il disco finirà  per guadagnarsi un prestigioso settimo posto nelle Chart nazionali, così, regalando ai Blur una certa notorietà  in tutto il paese.
Un debutto niente male, insomma. Eppure, in tempi più recenti, i nostri carissimi hanno mostrato di non conservare ricordi eccezionali circa il disco in questione, anzi, parlandone con una certa riluttanza. Giusto per dare un’idea, nel documentario “No Distance Left To Run” del 2009, Damon Albarn dichiara:
Grazie al cielo, erano tempi in cui si poteva fare un disco mediocre e non correre il rischio di essere scaricati via l’attimo dopo.

Il motivo di queste dichiarazioni va ricercato nel fatto che il disco fu fortemente manipolato dalla Food Records. L’etichetta sancì una certa ridondanza estetica delle immagini varie ““ con i suoi colori vivaci, in stile manifesti d’epoca ““ a partire dalla copertina del disco (una fotografia risalente al 1954). Ancor più seccanti furono le pressioni da parte dell’etichetta circa la sonorità , che avrebbe dovuto seguire la scia delle grandi correnti musicali dell’alternative contemporaneo; a partire dal pop psichedelico del Madchester – che cominciava a suonare stantio – sino allo shoegaze.

Saranno incaricati più addetti alla produzione, ma sarà  Stephen Street (ex The Smiths) a conquistare la band. Tant’è che sarà , poi, richiamato a collaborare per tutti gli album a venire – ad eccezione di quelli dalle esigenze più sperimentali (“13” e “Think Thank”).

Alla fine, salterà  fuori un disco parecchio vicino ai nuovi Charlatans; che, come da previsione, non offrirà  alcuna novità  al mondo della musica. Glielo riconobbe anche la NME ““ che, tuttavia, elogiò il disco ““ scrivendo:
I Blur non sono altro che il mero presente del rock’n’roll.

Ma di cosa parliamo, sostanzialmente, quando parliamo di “Leisure”?
Chitarre fluorescenti, riverberi traboccanti, beat in pieno stile baggy e cori trasognati che realizzano un sound dalla disinvoltura edonistica e dalla fluorescenza fanciullesca.

Oltre ai singoli già  citati, nel disco si alternano, sommariamente, momenti più vivaci ad altri più letargici.
Tra i primi si annoverano “Slow Down”, “Come Together”, l’adorabilmente puerile “Fool” e la squisitamente sobria “Bad Day” ““ che sembra parlare di tutto fuorchè che di una brutta giornata (l’analogia con “Bad Day” dei R.E.M. è strabiliante).
Con i secondi mi riferisco a brani come “Repetition”, “Birthday” e “Sing”. Quest’ultimo è un pezzo risalente ai tempi dei Seymour ““ ergo, i Blur prima che venissero ribattezzati col nuovo nome dall’etichetta ““ che acquisirà  un nuovo prestigio con un posto nella colonna sonora di un film cult del calibro di “Trainspotting”.
Il disco si chiude con “Wear Me Down”, in cui la distorsione viene drappeggiata da un timbro più cupo. Calzerebbe perfettamente con le sonorità  del disco omonimo del 97′.

Se non siete ancora sazi, potete sempre frugare tra i b-side, magari, provando con l’abulia saturnina “Inertia” o con “Mr. Briggs” ““ memorabile per il ritornello, col suo “somewhere” intonato in modo etereo – ripescato dalla band nel 2012 in occasione delle Maida Vale BBC Sessions.

In conclusione, “Leisure” sarà  pure un album acerbo e tutto ciò che si vuole. Occorrerebbe, però, proclamare forte e chiaro che questo disco non è a corto di spirito e talento.
Un Albarn prodigio sfoggia, di già , un’eccezionale vocazione per un songwriting di livello. Graham Coxon che, invece, esibisce una personalità  chitarristica fuori dal comune. A comprovare uno spiccato senso del groove ci pensano le linee di basso di Alex James e i solidi beat di Dave Rowntree.

Insomma – seppur impacciando un po’ – questo gruppo di novellini di Colchester ha fatto capire sin da subito di che stoffa è fatto, così, presentandosi tra gli apprendisti del pop più promettenti del panorama.
Il resto è storia.

Pubblicazione: 26 agosto 1991
Durata: 50:13
Dischi: 1
Tracce: 12
Genere: Rock alternativo, Neo psichedelia, Shoegaze
Etichetta: Food Records, EMI
Produttore: Steve Lovell, Steve Power, Stephen Street, Mike Thorne

Tracklist:

She’s So High
Bang
Slow Down
Repetition
Bad Day
Sing
There’s No Other Way
Fool
Come Together
High Cool
Birthday
Wear Me Down