Quante cellule cerebrali ha di media un uomo adulto nel proprio cervello? Domanda difficile, in cui la scienza stessa si muove con riscontri che variano per diverse miliardi di unità .
Quante cellule cerebrali sane sono rimaste nel cervello di Shaun Ryder? E’ domanda che non vuol risposta.
Fatto sta che eccolo qua, uno degli idoli indiscussi di quella pazza Manchester a cavallo tra gli ’80 e i ’90 tornare con un album in solitaria, ben 18 anni dopo il suo primo tentativo e 4 dopo l’ultima uscita a firma Black Grape (quel “Pop Voodoo” del 2017).
Una chitarra raga e un incedere carambolante danno il via alle danze con la contagiosissima “Mumbo Jumbo”, che sarebbe potuta essere un inno estivo della Madchester che fu, quindi rieccoci nei club con la pulsante “Close The Dam”.
Può venire spesso meno il vocabolario ad ascoltare le taglienti quanto sciatte elaborazioni verbali di Ryder, di certo non la comprensione: marchio di fabbrica, tratto distintivo del Nostro.
Il viaggio prosegue tra caroselli come “Popstar’s Daughter”, per poi spaziare tra influssi, generi ed andamenti ritmici senza timore alcuno (figùrati…) e buona riuscita: non mancano mai chitarra elettrica spesso funkeggiante, basso pimpante e decisi ritmi di batteria, dove sono invece le correnti sintetiche a dar tocchi rètro o più moderni ed effettati.
Passaggi magnetici che meritano una menzione particolare e che ci accompagnano alla fine sono anche la grintosa “Straighten Me Up”, la cometa baggy di “Electric Scales” e la chiusura affidata alla nevrotica “Clubbing Rabbits”.
Poteva andare sicuramente peggio, considerato il personaggio. E invece.
Alla prossima, Shaun.