Kendrick Lamar l’aveva già  detto, quattro anni fa: Little Simz è attualmente una delle rapper migliori in circolazione. E se già  l’artista si era distinta decisamente in positivo con “GREY Area”, che le è valso un meritatissimo Mercury Prize, con il nuovo disco “Sometimes I Might Be Introvert” abbiamo la conferma che ci troviamo davanti a una degli artisti più validi dell’ultimo decennio ““ nonchè a uno degli album dell’anno.

“Sometimes I Might Be Introvert” è ambizioso, non c’è che dire: 19 tracce (di cui 5 interlude in cui fa la sua comparsa Emma Corrin, conosciuta per il suo ruolo di Diana in “The Crown”) che si aprono in “Introvert” con un tono solenne, arioso, come ad annunciare l’importanza dei temi che verranno trattati nel corso dei vari pezzi. Simbi (soprannome datole dagli amici, con cui possiamo riferirci alla “vera” Simbiatu) riesce a trovare un potere immenso nella sua introversione, ritrova se stessa in mezzo al caos che sta attraversando al momento l’intera umanità  e ne fa un’occasione per crescere, nella speranza che questa voglia di cambiamento spinga anche altri a voler vivere in un mondo migliore.

La versatilità , la curiosità  e la scrittura di questo disco sono impressionanti, tant’è che viene difficile pensare che tutto venga dalla mente di una sola persona. “Woman” è una celebrazione groovy piena di riferimenti alle più grandi influenze di Little Simz, un elogio al (fin troppo sottovalutato) jazz etiope, a Donna Summer, alla regalità  dell’India. Il tutto con la voce soave, quasi angelica di Cleo Sol che si sposa alla perfezione con il rap diretto ma elegante di Simz.

Per quanto riguarda “Two Worlds Apart” Ajikawo sceglie invece di partire dal campionamento di “The Agony and the Ecstasy” di Smokey Robinson, una base soul jazz che rende ancora più evidente la voce e il flow dell’artista. Completamente diversa è “Protect My Energy”, brano afrobeat synth pop in cui riesce a risultare vincente anche il cantato di Simz, che in questo inno all’amor proprio fa da protagonista assoluto.

“I Love You, I Hate You” è forse il brano più difficile da ascoltare, per la sua terribile onestà  che colpisce come un pugno dritto allo stomaco. Di una vulnerabilità  unica, tratta del difficile rapporto tra Simbi e un padre praticamente assente. Non è però un pezzo che sputa unicamente odio o si focalizza solamente sul legame con il padre, anzi: è incentrato su Ajikawo, i suoi pensieri e i suoi sentimenti, dato che si trova in uno stato di maturità  mentale che le permette di parlare con serenità  (o, perlomeno, con più serenità  rispetto a qualche anno fa) di qualcosa di così personale; tant’è che, come dice lei stessa, perdona il genitore non per amor di lui, quanto più per se stessa, per permettersi di andare avanti senza lasciarsi odio e rimorsi alle spalle. Con un coro quasi angelico di sottofondo, è come se a cantare non fosse Little Simz ma la parte più profonda e sincera di Simbi. Un dono che non poteva renderci più onorati di essere testimoni dell’arte che ci ha offerto e continua a offrire.

Non manca del sano grime in “Rollin Stone”, che ammicca con nostalgia alla Simz di dieci anni fa, o riflessioni critiche sulla realtà  che ci circonda come in “Little Q, Pt.2” ““ brano cantato dal punto di vista del cugino di Simbi, coinvolto in maniera quasi letale in una rissa tra baby gang. Un fenomeno fin troppo presente a Londra, che coinvolge ancora decine e decine di giovani ragazzi neri, la cui gran parte diventa solo un triste numero nelle statistiche sulle vittime di violenza.

Viene davvero da chiedersi, com’è possibile che in un’ora e cinque minuti Little Simz abbia cantato di tutto e di più, in ogni stile possibile, pur mantenendo una solida identità  musicale e personale? Come non rimanere poi completamente stregati da “Point and Kill”, nato dalla collaborazione con Obongjayar? Un omaggio pazzesco alle origini nigeriane di Simbiatu, a partire dal fatto che i due artisti cantano in pidgin, un dialetto nigeriano che unisce la lingua creola e l’inglese ““ molto musicale tra l’altro, dato che si presta perfettamente alla ritmica del pezzo. è curioso poi scoprire che “point and kill” è una frase utilizzata per indicare l’azione di prendere del pesce al mercato; più metaforicamente, di ottenere ciò che vuoi. Esattamente ciò che Little Simz è riuscita a fare alla perfezione in questo disco, superando ogni possibile aspettativa che si era venuta a creare su di lei. Resta una sola domanda, a cui per il momento non possiamo proprio dare una risposta: è possibile superare un lavoro del genere, dopo aver osato in tutto e per tutto? Finora Simz è stata in grado solo di stupire, quindi ci auguriamo che riesca a tenere in alto il titolo di regina del rap inglese ancora a lungo ““ perchè finora, visto il resto del panorama, possiamo tranquillamente dire che il titolo le spetta tutto e di diritto.

Credit Foto: Nwaka Okparaeke