Inutile che io mi dilunghi più molto su Simone, protagonista di diversi miei appassionati bollettini sui quali ho già  speso lacrime sufficienti a dissetare la fame di ego che anche Blumosso, come ogni cantautore che si rispetti, deve tenere a bada.

Ma che amo la sua musica, Simone lo sa da sempre; solo recentemente ho avuto modo però di confessarmi en plein air, forse perchè – di questi avari tempi – ha ancora più senso difendere ed incoraggiare chi fa cose belle, e le fa bene.

Simone è uno di quelli che Guccini definirebbe, sentendolo forse anima affine (che presuntuoso che sono, ad intrufolarmi nell’opinione del Maestrone), «baccelliere di parola», artigiano zelante (nel suo altalenarsi di momenti/situazioni/deviazioni emotive ed artistiche) dell’immagine, che Simone costruisce come un ragnetto operoso tessendo ragnatele di piccole poesie per piccole, sublimi, cose. C’è del sublime, nel quotidiano e Blumosso, come ogni romantico che si rispetti, lo sa, e lo sa riconoscere.

Insomma, fatto sta all’uscita di “Di questo e d’altri amori” (che, ad ogni modo, resta un titolo piuttosto gucciniano e di ciò me ne compiaccio) non potevo certo esimere la groupie che mi abita dall’impellenza di un’intervista: è venuto fuori quel che segue, che è tanto ma è poco, e mai abbastanza per raccontare certe anime.

Ciao Blumosso, partiamo con le domande da ombrellone e moijto: insomma, com’è andata quest’estate? Qualche live l’hai fatto, a vedere dai tuoi social”…
Ciao, quest’estate si è volato bassi (bassissimi, è stata una schifezza). Per mia volontà  ho suonato poco ho fatto altro (amici, escursioni, mare)”… ne avevo bisogno; con la musica, ho portato in giro un spettacolo fatto di mie canzoni e poesie di poeti che mi smuovono. L’ho intitolato “Sogno di due notti di piena estate”. Due concerti soli (poi non so cosa è sembrato sull’internet, dove tutto sembra più gonfio di quanto smilzo non sia in verità ).   Aspetto dunque di ripartire live a pieno regime con i pezzi nuovi del prossimo disco.

Ci eravamo lasciati tre mesi fa con “Vabeh”, avevi annunciato in effetti un terzo singolo che avrebbe chiuso il trittico di “Di questo e d’altri amori”. Come mai hai avuto l’esigenza di raccogliere proprio questi tre brani (“Nordest”, pubblicato la scorsa primavera, “Vabeh” e “TG”, uscito il 3 settembre per Luppolo Dischi) in un “mini-cofanetto” dal titolo così evocativo?
Perchè erano tre brani che raccontano molto di me, ma allo stesso tempo non sentivo di inserire nel prossimo disco, allora ho pensato di aprire una nuova finestra nel mezzo tra il primo e il secondo album. Il titolo è solo frutto della realtà  delle cose: sono tre canzoni pensate per tre “storie” diverse”…quindi “Di questo e d’altri amori”. Semplice.

Esiste, quindi un filo rosso che collega i brani, ci viene da immaginare. L’amore è il solito protagonista, seppur con sfumature diverse; in “TG”, in particolar modo, torna ad emergere il richiamo alle “piccole cose”, a quella quotidianità  che non è abuso ma “fissaggio” di una routine che sa di casa, di nido. Che rapporto hai con le abitudini?
Le “piccole cose” nelle mie canzoni ci sono sempre, solo che a volte sono più esplicite, altre meno. Io sono una persona abitudinaria (forse ossessivo compulsiva). Le mie canzoni parlano “solo” di abitudini. Anche la tristezza è un’abitudine, anche ricordare è un’abitudine. E i testi che scrivo sono quasi solo ricordi.

Esiste un mantra particolare, un rituale di azioni e gesti che ti trovi a compiere spesso? Anche una particolare scaramanzia”…
Sì, “mi spoglio nudo e giro per casa””…scherzo. No, non ho un rituale”…forse fino ad ora il rituale era “scrivere tra le mie piccole cose””… ma anche quelle probabilmente adesso hanno bisogno di essere rigenerate. Ho spolpato fino all’osso anche i miei luoghi, oltre che i miei pensieri.

Tu sei anche scrittore, e in qualche modo la tua vocazione “narrativa” non può che emergere dalle tue canzoni. Ti è mai successo di trasformare una tua canzone in storia, o viceversa? Insomma, in che rapporto stanno tra loro le tue due attività  di scrittura?
Sì, mi è successo. Ma è accaduto con una canzone che è ancora inedita, e che probabilmente non pubblicherò mai. S’intitola “Io e la pioggia” ed è un brano narrato in un aneddoto del mio primo libro ” Spremuta d’arancia a mezzogiorno” (Lupo editore).

Facciamo un gioco: annunciaci l’uscita del tuo nuovo singolo (e, di conseguenza, del tuo nuovo EP) come fosse una notizia che passa al telegiornale.
Nuovo singolo per il cantautore Blumosso. Una canzone d’amore contenuta nel suo prossimo Ep “Di questo e d’altri amori“, lavoro discografico da cui emerge il bisogno di semplicità  che è in ognuno di noi.

E ora? Immaginiamo che tre brani non bastino a lasciarti quieto a lungo”…
Ora iniziano tutti i preparativi per il mio secondo album.

Credit Foto: Lucrezia Cantelmo