è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.
TOP
MAURIZIO CARUCCI
Fauno
Sono sincero e ammetto che – nonostante le mie meningi si stiano stritolando da ore – ancora non mi viene in mente il titolo del brano che “Fauno” mi ricorda (fa tipo nanananana na na na, ah, ma che dico, voi non potete sentirmi cantare!), ma fatto sta che a dispetto delle mie insinuazioni il ritorno da solista del frontman degli Otaghi è una bombetta che convince per scelte artistiche e testuali mettendo a tacere anche uno come me, sempre pronto ad imbracciare il cannone delle polemiche per provare ad affondare (ognuno ha le sue inutilissime missioni) gli slanci narcisistici e autoreferenziali di tanti capibanda decisi a far successo da soli – spesso in modo fallimentare. In Carucci, però, non si avverte affatto la sete di ego di un Paradiso o un Mobrici: “Fauno” è una piccola autobiografia che racconta non solo di Maurizio, ma del ligure in generale. E detto da uno spezzino bastardo, è tanto.
P.S. Dopo lungo interrogare amici ben più esperti di me riguardo al florido repertorio internazionale, ho appurato che la canzone in questione è “Isla Bonita” di Madonna. Change my mind.
MANESKIN
Mammamia
C’è qualcosa che non va nel venerdì di oggi, lo sento. Me ne accorgo subito, appena parte il brano dei Maneskin. Ora, dire che “Mammamia” mi mandi fuori dai gangheri positivamente non credo sia la cosa giusta; tuttavia, il nuovo singolo (in inglese) della band più seguita del momento non mi lascia indifferente come i precedenti exploit, anzi, forse la declinazione più “internazionale” (in linea con gli ultimi sconvolgenti risultati mediatici e discografici raggiunti, basti pensare al tour sold out in pochissime ore) mi affascina più della versione italiana del gruppo capitolino. Forse è l’assonanza nemmeno troppo velata con “My Sharona”, ma “Mammamia” suona bene in testa e a tratti suscita simpatia sincera.
COEZ
Flow Easy
Coez è già stato protagonista del mio bollettino di un paio di settimane fa, e – sono onesto – allora ero ben più felice di inserire nella mia TOP3 il brano del cantautore romano. Oggi, invece, mi trovo costretto a ripiegare ancora sulle sicurezze date dalle vecchie glorie del mainstream (che comunque, Paradiso a parte, non smettono di convincere) per ammortizzare il vuoto cosmico delle nuove proposte, incapaci di reggere il passo con l’identità del passato e la vertigine di un futuro che – se questo è il presente – fa già paura. Ad ogni modo, “Flow Easy” è come rivela il suo titolo: scorre leggero e fresco sin da primo ascolto e convince ancora una volta, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno.
FLOP
FRANCESCA MICHIELIN
Nei tuoi occhi
La Michielin è una delle artiste più interessanti del panorama nazionale, capace di conquistarsi l’attenzione di tutti attraverso un percorso fatto della giusta gavetta, al di là del trampolino del talent; una, insomma, che ritengo “vecchia scuola” per l’approccio al tutto, in senso positivo. Ora, quello dell’old school è però un crinale particolarmente pericoloso: basta un passo condotto con un’inerzia maggiore del solito (dando magari per scontate certe cose, ad esempio che Elisa è ancora viva e vegeta, troppo viva e vegeta per diventarne un clone così “de botto, senza senso”) per far perdere l’equilibrio ad un progetto che ha sempre camminato, con piglio funambolico, tra la novità moderata e l’insidiosa pedanteria retrospettiva anni Novanta che comunque attanaglia tre/quarti delle nuove leve pop. “Nei tuoi occhi” è un brano noioso, al quale non basta una bella voce per salvarsi dalla prosaicità del suo tradizionalissimo pop: non basta lo stampino di Elisa (e nemmeno avere una voce simile a quella della cantautrice triestina) per essere Elisa. Ma che dico: non serve essere Elisa per fare belle canzoni, basta essere Francesca Michielin e tentare di restituire al mondo qualcosa che non sappia di abusato.
SEZIONE VIVAIO
Di fronte al nuovo che avanza ritrarci non è più possibile, se non assumendocene le pesanti responsabilità generazionali; ecco perchè abbiamo bisogno oggi di dedicarci ai polmoni di domani, che hanno bisogno di ossigeno e di speranza. Nasce per questo la “Sezione Vivaio”, con le nostre segnalazioni dei più interessanti emergenti di giornata: solo i migliori fiori che la gioventù, come direbbe Fossati, fa ancora crescere per le strade.
NUBE, Boule à neige
Un bel ritorno, quello del campioncino di scuola Revubs Dischi, che per l’occasione decide di mettersi il suo abito migliore (lo è davvero, date un’occhiata alla copertina del brano: quello che indossa è un capo con una storia particolare che sarà lui stesso a raccontare) ed ipotizzare la scena emergente nazionale con un mantra che si incastra nel cervello, rianimando con piglio orientaleggiante serpenti assopiti sul fondo di ceste marcite dalla noia discografica e dall’abuso di clichè. “Boule à neige”, invece, è il brano che non ti aspetti e che aiuta ad impattare il weekend fornendo una colonna sonora alla domenica, e a quella sensazione (che un po’ tutti sentiamo) di essere prigionieri di una palla di vetro.
LOOMY, Il quinto dei Beatles
Ottimo ritorno anche per il rapper varesino, che rimette in moto la macchina per sfrecciare – alla solita velocità ultratecnica e incazzosissima – per le strade deserte del new rap nazionale; la solita bella contaminazione tra pop e hip hop, qualche tocco mainstream che non stufa mai e una malcelata attitudine per l’hit parade rendono il nuovo singolo di Loomy il viatico che mancava ad uno spontaneo “vaffa” urlato in faccia alla vita e a chi ci vuole male. Tiè.
DENOISE, Jazz
Ho un problema con i Denoise, che è un bellissimo problema, ovvero: ogni volta che sento un loro brano mi si sciolgono i muscoli pelvici e non posso far altro che compiere ripetutamente questo movimento di fianchi che voi non potete vedere, ed è meglio così. “Jazz” è la solita infusione di melassa timbrica utile a far scivolar via le scorie di tanta musica di merda che passa oggi al convento, attraverso una scrittura mai prevedibile e un ritornello elegante, riuscito, e squisitamente, malinconicamente, denoisamente sensuale. Il drop centrale, però, è la vera chicca di una struttura anomala che, ancora una volta, stupisce e convince.
LUCIANO TORRI, Moby
Bella per Luciano, che riesce a rimettermi addosso la voglia di mare con un brano che sa di salsedine, nostalgia gioiosa e ottimismo per il futuro. “Moby” è l’epopea condensata in una manciata di minuti di un gruppo di cani sciolti alle prese con una serie di notti brave, ben decisi a riassaporare una libertà che – oggi più che mai – pare sempre più preziosa da tutelare, difendere e ricontestualizzare; il risultato è un brano che diventa mantra, e colonna sonora di ogni bravata che d’ora in poi vi sentirete in libertà di fare.
CASPIO, un attimo
è tornato anche Caspio, artista friulano che adoro; lo sa lui, lo sanno gli altri, lo sanno tutti: lo so sopratutto io, che ad ogni nuova uscita del talento di Le Siepi Dischi mi innamoro un po’ di più – e che male che fa, tutto questo amore! “Un attimo” è esattamente quello che il titolo dice del brano: una canzone che fugge, che ti sembra sparire in un attimo portandoti alla necessità vitale di riascoltare il tutto. Un velo di nostalgia malinconica che si stende sul cuore, e ci rimette in contatto con quello che la musica dovrebbe fare ogni volta: emozionare, con semplicità .
ORCHESTRACCIA, Viva La Follia (che me porto dentro)
Mamma mia che fotta fanno salire gli Orchestraccia, freschi di un ritorno che farebbe resuscitare anche i morti – figurati gli annoiatissimi scribacchini come il sottoscritto. La compagine romana ha il veleno in corpo ed è forse per questo che non riesce a fare a meno di tarantolare con vigore, rincorrendo la notte fin nei suoi più asconditi nascondigli e costringendo il pubblico a seguirli con il piglio di un pifferaio magico hard-folk. Argh!
EX MARTE, False promesse
Yu-uh! Sì, cavoli. Si muove tutto qui nello stomaco, e nemmeno io so perchè “ma non posso smettere”. C’è qualcosa di tremendamente trash nel funky di Ex Marte, è innegabile; sarà il testo, il modo di cantare, il vocoder alla Robot anni Ottanta. Fatto sta che quel ritornello alla Battisti, inserito in un contesto musicale così assurdo mi fa impazzire.
BANADISA, Suerte (album)
Un disco strano, e quindi interessante, quello di Banadisa, nuova scommessa de La Tempesta Dischi, che in “Suerte”, accompagna l’ascoltatore in un avventura sinestetica, capace di immergere l’avventuriero in un viaggio attraverso stili e contaminazioni diverse; ricorda un po’ Iosonouncane de “La Macarena su Roma” con dei tratti di Rosalìa e canzone d’autore nazionale, da Motta a Lucio Corsi. Insomma, un ottimo melting pot che annulla sicurezze e ne crea di nuove.
ASPETTATIVA, Un qualcosa
Qualcosa di buono c’è, nel nuovo singolo degli Aspettativa, giovanissima band che ha voglia di crescere e ha il tempo indubbiamente dalla propria parte. La scrittura del brano non è male, anche se manca “qualcosa” di identitario alla proposta del gruppo, che sicuramente troverà la giusta via osando e sperimentando oltre il prevedibile piuttosto che mantenendosi alla ricerca di uno standard “mainstream” che ormai, sinceramente, ha stufato tutti. Sono giovani, c’è del talento. Cresceranno, se avranno fede nelle proprie idee, quelle meno facilmente condivisibili e più ardite. Più ardite, meno Ariete.
VIBORAS, Eternal
Sì, cazzo, sì. Mi scappa anche il turpiloquio, ma ci vuole quando senti il sapore metallico del sangue in bocca sin dal primo play di “Eternal”, stoico e potentissimo ritorno dei Viboras che, con collaborazioni importanti al seguito (tra le tante, Vallanzaska e Punkreas), illuminano il mio venerdì con una bordata di martellate alla pancia, da far crollare chiunque al primo round. Il fatto è che, una volta che ti rialzi, ti va di risalire sul ring. E riprenderle, con un sorriso sempre più sdentato stampato in faccia.
GRANATO, Live Villaggio Globale (doppia uscita)
Mica male la doppia uscita di Granato, che tornano a spolverare le buone vecchie live session per restituire all’ascoltatore qualcosa di vero, suonato, immanente e reale. Due brani che scavano dentro mescolando, al solito, elettronica e canzone d’autore, con un certo gusto retrò che fa bene al cuore.