Compie venticinque anni “Antichrist Superstar”, il disco che ha reso Marilyn Manson uno dei più scandalosi, controversi e chiacchierati fenomeni nella storia del rock. Un quarto di secolo per un concept album incentrato sulle gesta di un malefico essere sovrannaturale che, sfruttando a dovere il suo status di idolo delle masse, si trasforma in un demagogo megalomane il cui unico scopo è quello di trascinare il mondo alla rovina. Un messia apocalittico che predica odio, ostilità , sfiducia e misantropia: tutti sentimenti che troviamo in dosi massicce sia nei testi che nelle musiche di queste sedici tracce ““ o novantanove tracce, se proprio vogliamo essere pignoli e includere il breve bonus nascosto in coda al CD.
Non c’è davvero nulla di rassicurante nelle atmosfere che permeano il lavoro, registrato nei Nothing Studios di New Orleans nell’arco di otto intensissimi mesi segnati dai litigi furibondi tra i membri della band e dal consumo sfrenato di sostanze stupefacenti. Il fatto che sia diventato un successo commerciale da quasi dieci milioni di copie vendute a livello globale è quindi quanto meno curioso. Oggi, con i media che ci dipingono gli ultra-innocui Mà¥neskin come l’incubo dei benpensanti, un evento del genere non potrebbe ripetersi in alcun modo.
Il vero senso del pericolo nel rock mainstream è ormai totalmente sparito; così come sparita è anche la reputazione di Marilyn Manson, travolto e affossato da un numero impressionante di accuse di violenze fisiche e abusi sessuali. Da buoni garantisti, non ce la sentiamo di infliggere la damnatio memoriae al Reverendo. La speranza che possa uscirne indenne è assai flebile, ma non inesistente: un giudice ha già archiviato una delle tante cause che lo vedono coinvolto per assenza di prove. Nel dubbio separiamo l’uomo dall’artista e torniamo a gustarci, senza farci troppe seghe mentali o cedere alle sirene della cancel culture, un album che a modo suo ha lasciato un’impronta rilevante sulla musica di fine millennio, innescando un processo che ha permesso alle sonorità non proprio accessibili dell’industrial rock di raggiungere ““ e sfondare ““ migliaia e migliaia di orecchie vergini.
La produzione lurida ma sfavillante a cura di tre pesi massimi della scena – Sean Beavan, Trent Reznor e Dave Ogilvie ““ dona alle canzoni di “Antichrist Superstar” una patina di sintetica disumanità . A dominare è la più spietata mancanza di empatia: la furia travolgente di vecchi classici come “Irresponsible Hate Anthem”, “The Beautiful People” e “1996” non nasce dall’euforia di chi vuole mettere a ferro e fuoco il mondo, ma dalla mente annichilita di chi ha rinunciato all’amore, alla fede e alla vita. Questo nonostante il cantato tormentato di Manson che, come ci dimostrano tre semi-ballad (se così vogliamo chiamarle) del calibro di “Tourniquet”, “Minute Of Decay” e “Man That You Fear”, a tratti riesce persino a scatenare un sentimento di compassione nei confronti dello spregevole protagonista del concept.
Il lento sprofondare in questa spirale discendente di disprezzo, disperazione, antagonismo e autodistruzione che porta il titolo di “Antichrist Superstar” ci porta a fare i conti con il furore dell’industrial metal alla Ministry (“Little Horn”, “Angel With The Scabbed Wings”, “The Reflecting God”), la depravata eleganza del rock elettronico, contaminato e super-effettato di scuola Nine Inch Nails (“Dried Up, Tied And Dead To The World”, “Deformography”, “Mister Superstar”) e una quantità spropositata di spaventosi esperimenti sonori, che vanno dal glam lercio e diabolicamente funky di “Wormboy” e “Kinderfeld” all’epica malvagità della pompatissima title track. Senza dimenticarsi naturalmente della terrificante “Cryptorchid”, un brano breve ma di grande atmosfera che sorprende con un finale a base di vocoder e mellotron.
Le canzoni di “Antichrist Superstar” hanno ormai venticinque anni ma, grazie alla loro ricchezza e profondità , non sembrano invecchiate malamente. Lo stesso non può certo dirsi del loro autore, già da tempo l’ombra di quello che era nei gloriosi anni ’90. Marilyn Manson è, come tante altre rockstar, una vittima del proprio ego e delle proprie ambizioni: non appena è riuscito a esaudire tutti i suoi desideri, ha iniziato lentamente a distruggere i pochi sogni rimasti incompiuti. E ha lasciato dietro di sè una scia di errori che lo hanno ridotto all’irrilevanza. When all your wishes are granted/Many of your dreams will be destroyed: le voci robotiche ed estremamente disturbanti che occupano gli ultimissimi secondi di “Man That You Fear” si sono rivelate profetiche.
Data di pubblicazione: 8 ottobre 1996
Tracce: 16
Lunghezza: 77:26
Etichetta: Nothing / Interscope Records
Produttori: Sean Beavan, Marilyn Manson, Dave Ogilvie, Trent Reznor
Tracklist:
1. Irresponsible Hate Anthem
2. The Beautiful People
3. Dried Up, Tied And Dead To The World
4. Tourniquet
5. Little Horn
6. Cryptorchid
7. Deformography
8. Wormboy
9. Mister Superstar
10. Angel With The Scabbed Wings
11. Kinderfeld
12. Antichrist Superstar
13. 1996
14. Minute Of Decay
15. The Reflecting God
16. Man That You Fear