Se dovessi indicare una band capace di incarnare l’essenza del fascino e del mistero, in quel calderone musicale che furono i favolosi nineties, potrei al massimo ragionarci un po’ su, ma poi la mia scelta cadrebbe in modo inequivocabile sui Mazzy Star.
Ho sempre pensato, infatti, che le loro opere nascondessero sì tante influenze e derivazioni, ma centrifugate in maniera perfetta a far nascere un sound unico e originale, per pochi forse, eppure in grado di farsi paradigma per tanti artisti e gruppi a venire.
Pesano i background differenti dei due protagonisti di questa epopea speciale, trovatisi poi per incanto a dar vita a questa nuova formazione, che era nata come nelle migliori storie, cioè quasi per caso, laddove i seminali Opal del co-titolare David Roback, persero d’un tratto la loro cantante Kendra Smith e mutarono pelle appunto nei Mazzy Star, con Hope Sandoval a fungere da musa angelica e magnetica.
Il connubio artistico tra i due si rivelò presto vincente, con le rispettive caratteristiche peculiari a fondersi facendo emergere in egual modo una spiccata personalità , innata ma non scontata se pensiamo al mood introverso riconosciuto in entrambi.
Dall’esperienza pregressa rimangono accenni rock blues e felici divagazioni in quel mondo Paisley Underground, che vide nel talentuoso Roback uno dei più fervidi esponenti, ma nella nuova sigla sociale tali istanze musicali sono filtrate e rielaborate mediante un apparato psych-folk, che non nasconde l’apporto fondamentale della Sandoval, autrice tra l’altro di testi assai interessanti, intrisi di vene malinconiche e sognanti.
I riscontri, pur in ambito underground, non tardano ad arrivare, e i due inanellano anche un successo che col tempo sarebbe assurto perfino a classico di un’epoca, vale a dire la magnifica “Fade Into You”, singolo anti-grunge che seppe far capolino nelle Top 50 sia degli Stati Uniti che in Europa (dove i Nostri godranno subito di grandi favori da parte di pubblico e critica).
Si era nel 1993 e il gruppo aveva appena pubblicato il secondo album “So Tonight That I Might See”, ri-codificando in pratica il genere dream pop.
Sarebbero trascorsi tre anni prima di riascoltare i Mazzy Star, ma quando tornarono sulle scene, esattamente venticinque anni fa (il 29 ottobre 1996), come per magia ci saremmo ritrovati a percorrere nuovamente i medesimi sentieri di quel viaggio onirico e cangiante.
Sottili trame acustiche si alternano a momenti in cui l’aria si fa più rarefatta, dissolvenze musicali lasciano il posto talvolta a forme più compiute, ma è evidente come il gruppo dia il meglio di se stesso nel confezionare brani la cui matrice sognante e psichedelica prende il largo, avvolta dalla voce ora calda, ora glaciale (ma sempre estremamente languida e pervasa di erotismo) di Hope.
L’inizio elettro-acustico di “Disappear” non lascia dubbi sull’efficacia comprovata della proposta artistica dei Mazzy Star, che già dalle successive tracce si giocano il jolly, estraendo in sequenza dal cilindro due autentici nuovi capolavori (che seguono la scia a livello di immaginario emotivo del già citato “Fade Into You”), vale a dire “Flowers in December” e “Rhymes of an Hour”.
La prima, dolcissima e carezzevole, prettamente acustica, ti culla al suono dell’armonica e diverrà l’altra canzone generalmente conosciuta del duo, mentre la seconda, ascolto dopo ascolto, si insinua eterea ed enigmatica sotto pelle. Il suo incedere ipnotico riecheggia anche in una scena di “Io ballo da sola”, acclamato film di Bernardo Bertolucci, uscito nelle sale proprio nel 1996, con protagonista una giovane e splendida Liv Tyler.
Le chitarre sembrano rimanere nelle retrovie, offuscate dall’assoluto candore del cantato, ma sono allo stesso modo protagoniste, suonando evocative in “Cry, Cry” e facendosi più preminenti in “Take Everything”.
Giunti a metà dell’opera, ci si imbatte, venendone rapiti, nelle liriche intense di “Still Cold”, caratterizzata anche dall’ingresso di una scintillante chitarra bluesy.
La seconda parte del disco si apre con la ballata “All Your Sisters” e con “I’ve Been Let Down”, filastrocca dai toni country-pop, per prendere quota all’altezza di “Happy”, autentico gioiello nascosto dove la voce, al solito espressiva e ammaliante della Sandoval viene incastonata in un groviglio di chitarre shoegazer, per poi dischiudersi in note paradisiache.
Dopo le distorsioni alla Syd Barrett dell’ondivaga e psichedelica “Umbilical”, l’album termina la sua intensa corsa planando in territori placidi con la misurata, eppure solenne, “Look On Down from the Bridge”, ricamata da tratti mistici.
La prematura dipartita di Dave Roback (avvenuta il 24 febbraio del 2020) ha probabilmente messo la parola fine a questa fantastica avventura musicale, targata Mazzy Star, ma almeno facciamo sì che vengano ricordate le tante cose belle che il chitarrista e Hope Sandoval sono riusciti a realizzare insieme.
Data di pubblicazione: 29 ottobre 1996
Tracce: 12
Lunghezza: 54:00
Etichetta: Capitol
Produttore: Mazzy Star
Tracklist
1. Disappear
2. Flowers in December
3. Rhymes of an Hour
4. Cry, Cry
5. Take Everything
6. Still Cold
7. All Your Sisters
8. I’ve Been Let Down
9. Roseblood
10. Happy
11. Umbilical
12. Look On Down from the Bridge