Dieci tracce che disegnano l’ottimo percorso intrapreso sia con l’album d’esordio, “Beyond The Skyline”, sia con le numerose apparizioni live in giro per l’Europa (dove ha fatto da opener a band quali Public Service Broadcasting, The Pains Of Being Pure at Heart, Rachel Sermanni) e nel quale risiedono note malinconiche, nostalgiche dell’artista milanese Vincenzo Coppeta il quale, con il moniker di Vikowski, ritorna con le sue atmosfere nebbiose e passionali in questo nuovo album “The Long Run”, uscito lo scorso 24 settembre per l’etichetta indipendente serba Pop Depression.
Un album, come tanti, figlio della pandemia che ha visto Vikowski catapultarsi, come dallo stesso specificato “in una condizione di forte solitudine, chiuso in casa, lontano dall’amore, dalla famiglia, dagli amici, con l’incertezza su presente e futuro”. Il risultato è tutto nell’approccio minimalista che scorre nella quasi mezzora di questo suo sophomore con il brano apripista “The Dentist” a strizzare l’occhio ad alcuni episodi dei Soulsavers (quelli con Gahan per intenderci) ad anticipare il successivo “Our Fight Within” nel quale figura la partecipazione dell’amico Old Fashioned Lover Boy, all’anagrafe Alessandro Panzeri, e che segna uno dei momenti più intensi del full-length.
Sicuramente non è album allegro questo “The Long Run”, ma il climax nel quale ruotano questi cupi episodi riescono a scivolare senza soluzione di continuità nell’ascolto che si rivela ricco di emozioni, soprattutto in brani come la seducente “Distance” o nella sofferta closing track “New Year’s Eve” di Lanegan memoria che fa da contraltare alle note accattivanti di “The Great North”, mentre il trittico sobrio “New Moon”, “Full Moon”, e “Blue Moon” per un totale di quasi 5 minuti ha il compito di segnare gli intermezzi di questo album mentre si adagia su territori semi acustici.
Tirando le somme, dunque, Vikowski è riuscito in maniera egregia a sottolineare le sue doti di performer di matrice new-wave anche in questo “The Long Run”, il quale proietta ancora più in profondità la dimensione internazionale dell’artista nostrano.
Photo credit: àgoston Menyhèrt Horányi