A mani basse una delle serie dell’anno, sicuramente, quella anglofona.
Prendendo spunto da un libro di memorie (“Domestica: Lavoro duro, Paga Bassa, e la voglia di sopravvivere di una Madre” di Stephanie Land) e da premesse piuttosto semplici – in fin dei conti si tratta della classica storia di una madre disposta a tutto per il bene della figlia -, “Maid” è un racconto lento e commovente che avviluppa e soggioga lo spettatore portandolo esattamente dove vuole, toccando in ogni momento le giuste corde emotive e psicologiche.
L’aspetto che ho trovato più interessante è, ad esempio, quanto la serie spieghi bene, traendo in inganno i suoi protagonisti e chi la guarda, le dinamiche dietro gli abusi domestici, siano essi fisici o semplicemente emotivi. Così come Alex ricasca nella sua relazione tossica con Sean, ci crediamo anche noi che questa volta sarà diverso.
Per il resto è difficile trovare difetti ad una serie così commovente, che può contare su una scrittura sobria ma intelligente e un gran cast (specie quello femminile e specie la famiglia Qualley/McDowell, figlia e madre nella serie come nella realtà ).
Un punto in più va poi alla fotografia nitida, tipica delle produzioni indipendenti di una decina d’anni fa, che immortala la gelida bellezza dei dintorni di Portland.
Un altro ovviamente per la colonna sonora che pesca tanto tra classici come “Don’t Stop Me Know” dei Queen (utilizzata in maniera originale ed euforica) e la creme de la creme del cantautorato al femminile moderno. La stessa Sharon Van Etten, omaggiata con diversi inserimenti in tracklist, si è detta contenta di prestare tante canzoni ad un personaggio come Alex, con il quale le è facile empatizzare e trovare numerosi punti di contatto.