Non volevo (e forse non dovrei) farlo, essendo dell’avviso che ognuno debba starsene nel suo orto e rispettare quelli altrui, ma la divisione in fazioni sulla questione Maneskin si Maneskin no ha assunto proporzioni cosmiche che non riesco a ignorare. Così, piuttosto che sparpagliare il mio pensiero sotto i post altrui di Facebook, raggruppo tutto qui.
Secondo me si è creato un cortocircuito. Da una parte abbiamo i “giovani” che accusano i vecchi di non capire la band perchè tali, dall’altra i “vecchi” abbarbicati su posizioni che suonano all’incirca come “ma che ne sapete voi… andatevi ad ascoltare i…“. Il punto è che i simpatici romani suonano proprio musica da vecchi (ben più vecchi del post-punk tanto in voga oggi, nell’ennesima delle sue riletture, tra i vetusti), comunicandola però attraverso i linguaggi dell’era social-talent.
S’è creato quindi un gap comunicativo insaturabile, dovuto al fatto che da una parte si parla, anche un po’ ottusamente, di musica e dall’altra semplicemente si adora un fenomeno, senza alcun interesse per quelle che sono le sue radici – che molto probabilmente interessano poco anche alla band, che in gran parte le ha apprese dal maestro Agnelli.
Devo proprio prendere una parte? Sto da quella dell’entusiasmo, della freschezza e dell’Italia che spacca i culi e si fa cantare fino a New York.
Mi piace la loro musica? Molto poco.
Credit Foto: Francis Delacroix