Completano il discorso iniziato con i due EP “Sometimes” e “Sometimes I’m Still” i Caveleon, con un album che tira le fila di un anno vissuto intensamente. Un periodo di ricerca umana e musicale che li ha resi più compatti e sicuri dei propri mezzi. Le atmosfere rarefatte di “Sometimes I’m Still Drowning” ben s’intonano ai primi freddi d’autunno, con le voci di Leo Einaudi e Giulia Vallisari evocative e perfettamente complementari fin dalle prime note di “Journey” accompagnate dalla batteria cadenzata di Agostino Ghetti e da arrangiamenti elettronici minimali che saranno una costante di buona parte del disco.
“River” si muove su territori più sperimentali dove l’influenza di Justin Vernon e dei suoi Bon Iver si fa decisa senza minare la personalità dei Caveleon, che come detto si avvalgono anche della collaborazione del compositore Federico Cerati. “Feels Like” alza piacevolmente un ritmo che diventa ipnotico e sognante in “Tell Me” con tanto d’inserto rap e “Earthquake” vicina a territori post rock, mentre “Flames” convince col suo mood cangiante, l’inizio a cappella che si trasforma ben presto in un pezzo elettro ““ acustico sofisticato, come eleganti sono del resto “Were We Too Young” e “Wayotom”.
La grande cura degli arrangiamenti vocali e strumentali è sempre stata ed è tutt’ora la marcia in più del quartetto, capace di declinare melodie delicate scegliendo volta per volta se utilizzare chitarre gentili (“Time”) o un pianoforte (“6 AM”) mischiando spesso le carte in cerca della giusta intensità , raggiunta in brani come “Burn Like The Sun” o la conclusiva “Drowning”. Il viaggio dei Caveleon è cominciato da qualche anno ormai e prosegue con una crescita costante, che non è stata fermata nè dalla pandemia nè dalle ovvie difficoltà degli ultimi mesi. “Sometimes I’m Still Drowning” è la conferma della bontà di un progetto che punta lontano.