Nona prova sulla lunga distanza per i Biffy Clyro che con “The Myth Of The Happily Ever After” hanno deciso di cavalcare l’ottima scia lasciata dal precedente “A Celebration Of Endings”, uscito solo pochi mesi fa. Bloccati dalla pandemia, il trio scozzese ha registrato questo nuovo album in maniera intima abbandonando, anche per ovvie ragioni di forza maggiore, gli attrezzati Lotus Eater Studios di Santa Monica per realizzare il progetto homemade in una fattoria nell’Ayrshire nella zona sud-occidentale della Scozia insieme al produttore Adam Noble (Placebo, Deaf Havana, dEUS and Nothing But Thieves) – già incontrato in “Balance, not Symmetry” – il quale per questa volta ha preso il posto di Rich Costey alla cabina di regia.
Il risultato è più che riuscito ed anche se con il primo potente singolo “Unknown Male 01” – che racconta un dura riflessione su chi è arrivato a compiere gesti estremi su se stesso – sembra ancora di ascoltare il disco gemello di un anno fa, in realtà “The Myth Of The Happily Ever After” porta con se una indubbia maturità che sfocia, ad esempio, in brani come la psichedelica e cupa traccia d’apertura “DumDum” ovvero nei synth di una fiorente ed avvolgente “Separate Missions”.
I ragazzi di Kilmarnock capitanati dall’esperto frontman e chitarrista Simon Neil insieme ai fratelli James (basso) e Ben Johnston (batteria) riescono a superarsi con questa nuova fatica arricchendola con interessanti spunti, vedi la succitata “Separate Missions” alla quale si aggiunge l’ottimo pop-rock addolcito con pillole R&B di “Haru e Urara” e la synth ballad “Existed” con il suo accattivante refrain dal sapore nostalgico.
I cinquanta minuti della tracklist scorrono via senza inciampi, complice anche la mancanza di un vero filo conduttore che rende l’ascolto poliedrico e, in effetti, i brani di “The Myth Of The Happily Ever After” in principio altro non erano che quelli esclusi dal precedente “A Celebration Of Endings”.
Certo, il tipico marchio di fabbrica della band si fa sentire con l’energica “A Hunger In Your Haunt” che insieme all’altra esplosiva “Denier” andranno di certo ad incrementare le hit da stadio del terzetto con la conseguente e inevitabile trasposizione on stage. Così come non mancano le rock ballad alla Biffy Clyro Style come l’acustica “Holy Water” che sorprende per il duro e cupo nonchè inaspettato finale mentre “Errors In The History Of God” spicca per la linearità del sound.
Il fatto che il terzetto fosse in pieno stato di grazia sul fronte delle idee si mostra cristallino in un paio di episodi davvero ricercati come nella raffinata “Witch’s Cup” e soprattutto nella bella traccia finale “Slurpy Slurpy Sleep Sleep”, dove la band ha dato libero sfogo alla creatività ed immaginazione.
“The Myth Of The Happily Ever After” si dirige ancora più in là del confine tracciato dal predecessore firmando un brillante ritorno del trio alt-rock scozzese che propone un lavoro completo, accurato e variopinto destinato a diventare probabilmente uno dei migliori album del gruppo.
Photo Credit: Ash Roberts