“Mono” è una cruda lettura del nostro grigio presente.

Giorni che ci vedono sempre più intontiti e ammassati sulle identiche teorie; teorie che servono a convincerci che questa società , per quanto ingiusta, dispotica, ipocrita e razzista, sia la migliore società  possibile, l’espressione concreta del così detto male minore, oltre il quale può esserci solamente l’oscurità . E fu così che, senza guardarci nemmeno troppo attorno, senza scomodarci dai nostri morbidi divani acquistati a rate in rete, iniziammo a voltarci, puntualmente, dall’altro lato, incuranti del fatto – come cantò qualcuno – che fossimo tutti, ugualmente, coinvolti.

Il male minore, dunque, non esiste, serve solo a giustificare le nostre colpe, le nostre guerre, le nostre mancanze, il nostro violento egoismo; è solamente una strada in discesa verso un male che è ancora peggiore.

Un viaggio, scandito dalle sonorità  accattivanti e melodiche della band lecchese, intrise tanto di trame alternative-rock, quanto di gusto e armonia tipiche del cantautorato italiano, che ci conduce a conoscere meglio la nostra parte più mostruosa, tutte le ossessioni che ci dannano l’anima e che, come una invincibile forza di gravità , ci impediscono di elevarci al di sopra del nostro piccolo e limitato giardino, mentre, intanto, il mondo va avanti, indipendentemente da quelli che sono i nostri ritornelli, i nostri chiodi fissi, le nostre lacrime e tutte le chiavi che, per paura o per semplice convenienza, preferiamo ignorare, rifiutandoci di aprire la porta su un futuro che ci obbligherebbe ad affrontare le nostre responsabilità , a tentare di fare la differenza, a scegliere di coltivare i nostri sogni, a non dipendere dai meccanismi di un sistema corrotto che ci vuole tutti soli e strafatti, vittime, ma anche carnefici imprigionati nelle nostre perenni e dolorose agonie giornaliere.

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