Voglio iniziare questo pezzo recuperando una citazione dal diario di Keith Haring, uno dei più celebri e celebrati talenti del graffitismo prematuramente scomparso agli inizi degli anni ’90, così come viene riportata in un libro della scrittrice Margo Jefferson, vincitrice del Premio Pulitzer per il giornalismo di critica: «Parlo del rispetto che sento per il tentativo di Michael Jackson di prendersi la responsabilità della creazione e dell’invenzione di un essere non-nero, non-bianco, non-maschio, non-femmina, utilizzando la chirurgia plastica e la tecnologia moderna. è totalmente Waltdisneyizzato! Un fenomeno interessante, a dir poco. Forse un po’ spaventoso, ma eccezionale; e comunque è più sano di Rambo e Ronald Reagan. Ha rifiutato l’irrevocabilità della creazione divina e l’ha fatta diventare una sua responsabilità , sbandierando la sua scelta davanti alla cultura pop americana. Credo sarebbe ancora più cool se diventasse più radicale, se si facesse le orecchie a punta e si attaccasse una coda, ma diamogli tempo! ».
Nelle parole di Haring, il Re del Pop si trasforma in una vera e propria incarnazione dell’intrattenimento: un fenomeno a uso e consumo delle masse, per certi versi rassicurante, ma di certo non privo di aspetti scioccanti, quando non addirittura inquietanti. L’uomo allo specchio nato e cresciuto su un palcoscenico, che sogna di curare il mondo per garantire un futuro migliore ai suoi fin troppo amati bambini, non ha davvero nulla da spartire con noi comuni mortali.
è un mutante post-moderno dalla natura indefinita. Un narcisista che, motivato dal folle desiderio di oltrepassare i confini di tutto ciò che comunemente viene considerato normale, reinventa il proprio corpo fino a diventare l’unico esemplare di una nuova specie transrazziale e transessuale. Poniamola in termini cinematografici: Michael Jackson è stato un brillante ma sinistro cyborg, simile al robottone rappresentato nel film “Moonwalker” o agli alieni di “Men In Black”; un essere ibrido dal sorriso dolce e dall’anima tormentata, a metà strada tra un cartoon di Walt Disney e il body horror del maestro David Cronenberg.
Nella sua ingenuità peterpanesca, molto più probabilmente, lui si riteneva solo e semplicemente un indomabile animale da circo. è questo che sembra suggerirci la copertina di “Dangerous”, dove viene richiamato in maniera esplicita lo stile del favoloso universo di P.T. Barnum.
Uno dei massimi idoli del Jackson eterno fanciullo fu, come ci viene tramandato dalle cronache ottocentesche, più un cialtrone che un fine maestro dell’arte circense. Un fortunatissimo mistificatore che costruì le sue immense ricchezze esponendo al pubblico ludibrio i cosiddetti freaks, ovvero dei poveri emarginati trattati come bestie da esposizione poichè segnati da un aspetto fisico fuori dalla norma.
Proprio come il camaleontico monarca della pop music, il cui mito è indissolubilmente legato alla stravaganza. Qualche esempio? L’amicizia con lo scimpanzè Bubbles; la camera iperbarica usata come letto per campare fino a centocinquanta anni; un guardaroba che comprendeva divise militari, guanti ricoperti di strass e le inseparabili mascherine chirurgiche ““ che ormai, ahinoi, non hanno davvero più nulla di bizzarro.
Tutto questo per dire che la vita di Michael Jackson è stata un interminabile flusso di sorprese, stramberie, colpi di genio e orrori. Elementi che, in forme e misure diverse, troviamo tradotti in musica nei 77 minuti di “Dangerous”: non un semplice album, ma un vero e proprio kolossal del pop più esagerato e schizofrenico.
Alla base del corpaccione di questa specie di mostro di Frankenstein in formato MTV troviamo schegge di new jack swing, funk, R&B, rock, hip hop, gospel e persino qualche sfumatura sinfonica e industrial. Un coacervo di sonorità estremamente diverse tra loro che Jackson affronta con stile e in scioltezza, senza temere i rischi legati alle continue ““ e a volte estenuanti ““ giravolte di un disco che risulta essere inclassificabile quasi quanto il suo autore.
La prima parte di “Dangerous” è semplicemente irresistibile: il ritmo incalzante, urbano, “sudato” e a tratti brutale di “Jam”, “Why You Wanna Trip On Me”, “Can’t Let Her Get Away” e dei super-classici “In The Closet” e “Remember The Time” ci fa riassaporare a pieno quel senso di animalesca eccitazione che caratterizzò il miglior pop targato “’90s.
Galvanizzati dalla piacevole riscoperta tiriamo fuori un hee-ee e posiamo una mano sull’inguine, pronti a imitare uno dei più celebri gesti del ballo jacksoniano; ma dietro l’angolo troviamo “Heal The World”, canzone amata da tanti che però ““ diciamocelo in tutta franchezza ““ è in realtà solo una ballatona melensa, retorica e insopportabile, frutto dell’egotismo sconfinato di un inguaribile sognatore.
E allora scartiamo pure senza alcun rimpianto le note ricoperte di melassa della tristissima “Gone Too Soon” e di “Will You Be There”, che all’epoca costò al nostro anche un’accusa di plagio da parte del collega Al Bano. Per celebrare a dovere questo trentesimo compleanno, andiamo a recuperarci le non poche perle contenute in “Dangerous”: la title track, “She Drives Me Wild” e “Who Is It”, ancora oggi avanti anni luce rispetto all’R&B che siamo abituati ad ascoltare in radio; la trascinante “Keep The Faith”, scritta insieme a quel Glen Ballard che, di lì a poco, avrebbe conquistato il mondo con la Alanis Morissette di “Jagged Little Pill”; le rockeggianti “Black Or White” e “Give In To Me” ““ quest’ultima con un grande assolo di Slash dei Guns N’ Roses.
è in questa manciata di brani la vera essenza di “Dangerous”: il prezioso lascito artistico di un essere non-nero, non-bianco, non-maschio, non-femmina che, tra tante luci ma purtroppo anche moltissime ombre terrificanti, ha rifiutato l’irrevocabilità della creazione divina per ergersi sul tetto del mondo e riscrivere la storia del pop.
Data di pubblicazione: 26 novembre 1991
Tracce: 14
Lunghezza: 77:03
Etichetta: Epic
Produttori: Bill Bottrell, Bruce Swedien, Michael Jackson, Teddy Riley
Tracklist:
1. Jam
2. Why You Wanna Trip On Me
3. In The Closet
4. She Drives Me Wild
5. Remember The Time
6. Can’t Let Her Get Away
7. Heal The World
8. Black Or White
9. Who Is It
10. Give In To Me
11. Will You Be There
12. Keep The Faith
13. Gone Too Soon
14. Dangerous