Non solo Snail Mail venerdì cinque novembre: nel panorama del rock al femminile fa il suo esordio sulla lunga distanza Hana Vu piccola grande speranza a stelle e strisce che deve ora tener fede a impressioni e promesse. Classe 2001, nata e cresciuta a Los Angeles, ha iniziato a scrivere canzoni a quattordici anni mentre ascoltava St. Vincent e Sufjan Stevens oltre all’alt rock propagandato dalla stazione radio ALT 98.7.
Un singolo realizzato in collaborazione con Willow Smith (“Queen Of High School”) e due EP all’attivo (“How Many Times Have You Driven By” e “Nicole Kidman / Anne Hathaway”) hanno cementato la reputazione cresciuta dopo i numerosi brani pubblicati su Soundcloud e Bandcamp. L’ennesimo prodotto della rete destinato a sciogliersi come neve al sole al primo impatto col mondo discografico? Ascoltando “Public Storage” l’impressione è diversa, quella di un’artista che sa quel che vuole e come ottenerlo.
Voce profonda, arrangiamenti curati che vanno dal rock propriamente detto ad atmosfere più elettroniche, piglio grintoso ben evidenziato dalla title track che flirta con accordi grungy dal cuore d’oro, gli stessi che punteggiano “Gutter”. Un’anima sbarazzina e melodica messa in mostra senza presunzione in “Aubade”, “Heaven”, “Keeper” e nell’eleganza à la Anna Calvi di “My House” che convive piuttosto bene col minimalismo post punk di “Anything Striking”, uno dei brani più coinvolgenti insieme a “I Got”, “Maker” e ai toni quasi shoegaze di “Everybody’s Birthday”.
“Public Storage” è un esordio eclettico e promettente, in grado di fondere influenze diverse con sicurezza e personalità . Dodici brani che somigliano ai magazzini che Hana Vu ha frequentato da bambina, quando per motivi familiari traslocava spesso e lasciava buona parte delle sue cose in deposito: piccole polaroid di vita osservata, vissuta, anche inventata ma plausibile che fotografano la realtà senza filtri Instagram.
Credit foto: Jing Feng