Avevamo già sentito commenti positivi sui concerti dei Viagra Boys e il loro secondo album, “Welfare Jazz”, uscito lo scorso gennaio, ci aveva pienamente convinti riguardo alla bontà del loro progetto: non potevamo quindi mancare a una delle loro date nel nostro paese.
Sono ben tre i concerti italiani e noi stasera ci troviamo al primo, quello di Bologna: il Link, che si trova nella periferia della città felsinea, è totalmente sold-out già da alcuni mesi, come dimostra la lunga fila presente davanti ai cancelli della venue emiliana.
Dopo il live delle Automatic, quando sono le dieci e quaranta, giunge l’attesissimo momento della band svedese, che sale sul palco per la gioia e l’approvazione dei numerosissimi presenti.
Per tuffarci nel loro mondo è giusto partire proprio da dove tutto è iniziato, ovvero dall’EP “Consistency Of Energy”, la loro prima release ““ datata 2016: “Research Chemicals”, infatti, è un estratto da quel lavoro. Sin dalle prime note ci sembra di entrare in uno stato di trance con quei synth rumorosi e quelle linee così aggressive del basso di Henrik Höckert. La sala è ipnotizzata e balla, mentre il frontman Sebastian Murphy, che ben presto rimane a petto nudo, danza quasi trascinato dai suoni della sua band e più di una volta si spingerà avanti per sentire il calore dei fan.
Subito dopo è la volta di “Ain’t Nice”, principale singolo dall’album più recente. Il ritornello è davvero irresistibile, mentre non accennano a diminuire nè il ritmo nè il rumore: synth saltellanti e beat esaltanti trascinano tutti i presenti in sala con furore e cattiveria.
“Just Like You”, presa dal loro debutto full-length “Street Worms” (2018), invece sembra rallentare un poco gli elevati ritmi iniziali: la voce profonda di Murphy, accompagnata da synth, sax e batteria, disegna paesaggi cupi e intensi, ma anche la violenza è minore rispetto a pochi attimi prima.
“6 Shooter” poi, pur essendo solo strumentale, ci riporta verso toni più distruttivi e incisivi: il mix tra il folle sax e gli elementi elettronici riesce a ipnotizzarci oltre a farci ballare.
“Down In The Basement”, con quella sua atmosfera saltellante e quella sua apertura melodica, non disdegna però l’uso di percussioni tribali che non ci fanno stare fermi, mentre “I Feel Alive” è decisamente (e inaspettatamente) più morbida e riflessiva con l’uso di piano e di un sax ““ comunque piuttosto libero di creare ““ che aggiungono qualità al brano.
La follia torna un attimo dopo con “Toad”: le linee di basso sono assolutamente distruttive e anche il sax agisce senza vincoli e con una rara e rumorosa determinazione.
“Shrimp Shrack” chiude la serata: la canzone prosegue per ben oltre dieci minuti ipnotizzando ogni singolo presente nel club in una totale follia dai toni dancey, trasformando il Link in una discoteca vera e propria.
Ottanta minuti di puro divertimento e delirio ““ grazie anche al carisma di Murphy – in cui la band svedese ha saputo dimostrare tutte le sue qualità attraverso il suo sound post-punk ed elettronico e riuscendo a esaltare ogni singolo presente in sala: una serata che non dimenticheremo in fretta.