E’ stato un ritorno inaspettato quello di Alessandro De Benedetti (illustratore e designer di moda oltre che musicista) e Andrea Zuccotti (ex Zerozen e oggi anche avvocato) che riportano in pista la ragione sociale Madame X dopo ben otto anni di pausa. Il parziale cambio di nome, si fanno chiamare Recall Madame X, dimostra che non siamo di fronte a un semplice revival nostalgico ma a un progetto nuovo, che non rinnega il passato ma lo valorizza, lo espande. “Unconscious ID” è un album ambizioso, poliedrico, spettrale, che alla parte musicale unisce quella visiva: la copertina infatti è opera di Marco Cendron, realizzata manipolando volti e fotografie con l’aiuto e l’interazione dell’intelligenza artificiale.
Protagoniste assolute sono ancora una volta le voci femminili: altre “Dive Cattive”, sei muse (Justine Mattera, Francesca Azzoni, Sylvia Piacenza, Maria Vittoria Alferi, Monica Re, Teresa La Fosca) si alternano di brano in brano con lo stesso De Benedetti, Robert Le Quense, Hermes Pacor, Leone e Luigi Zuccotti in trentacinque minuti dall’atmosfera noir, scritti non a caso di notte e ispirati da sogni ed esperienze adolescenziali. Un lungo circolo vizioso che si apre e si chiude con un gioco di specchi: “Demetra” interpretata dalla Mattera e “The Sinner” sono due facce della stessa medaglia, la stessa storia raccontata da diverse prospettive tra chitarre in riverbero, batterie tribali, elettronica malata, peccati senza redenzione.
Groovebox, Moog, sintetizzatori analogici popolano il resto di “Unconscious ID” sulla scia di Virgin Prunes, Psychic TV, Tuxedomoon, X-mal Deutschland e J. G. Ballard che ha propiziato l’incedere allucinato di “Car Crash Flesh” affidata a Sylvia Piacenza. Reading e loop, voci rubate, “Psycho” ispirata ai Material di Bill Laswell, il dark pop di “So Blind (Exposure)”, il piano e la batteria ritmata di “Cigarettes & Coffee” si rincorrono in una tela finemente tessuta. Chiudono il cerchio le inquietanti malinconie di “Lullaby Of Lilies” e il tribalismo di “All That She Said (Oh Mother)” due racconti di salute mentale che si sgretola tra sogno e follia. C’è spazio anche per “I Forgive You (Genoa Demo Version)” delicata cover degli O Future che ben si adatta al mood di un disco elegante e trasgressivo, denso di emozioni.