Pacato, intimo, sussurrato. La soluzione cercata e raggiunta della band macuniana nel nono album si colloca in una sorta di aura pacificante che si mostra in dieci tracce amabili senza mai che i quasi quarantacinque minuti portino a saturare questa ambientazione così rasserenante.
La formula adottata da “Flying Dream 1”, dunque, è quella della totale assenza di slanci gioiosi laddove malinconici episodi hanno preso il posto di allegri inni mostrati nei lavori passati. Certo, gli Elbow non sono nuovi a rappresentazioni più cupe e nostalgiche e questo lavoro si rivolge a quella fetta di fan, me compreso, che ricerca sonorità più intime e tranquille dalla compagine britannica. Siamo nei territori tracciati da “Asleep in the Back”, per intenderci, ancorchè “Flying Dream 1” manifesta uno spiccato garbo privo di intermezzi “ruvidi” presenti nel capolavoro del 2001.
Scritto tra le mura domestiche, “Flying Dream 1” rappresenta l’ennesimo lavoro concepito nel periodo del lockdown ed è dunque inevitabile che porti con se quel velo di tristezza che spicca tra le note di “Is It a Bird” oppure di “Come On, Blue”, ma che non si allontana in quegli episodi dove le sonorità conquistano linee allegre come in “The Only Road” oppure nella deliziosa “Calm and Happy” o, ancora, nella inebriante “Red Sky Radio (Baby Baby Baby)”, che a tratti si avvicina alle tinte messe in scena con “Asleep in the Back” e dove Guy si lascia andare ad ispirati virtuosismi vocali che riportano alla memoria le tonalità del maestro Peter Gabriel.
Registrato nella suggestiva venue del 1807 del Theatre Royal, Brighton, “Flying Dream 1” arriva a distanza di due anni da “Giants Of All Sizes” e sin dalla sognante ninna nanna della title track la band composta da Craig Potter, Mark Potter, e Pete Turner sorregge la mesta voce di Garvey che, tra la solida impalcatura di pianoforte, edifica un tripudio di calde sonorità nelle quali prendono vita chitarre acustiche, organo e fiati, quest’ultimi portati in dote dalla bravissima Sarah Field nella vellutata “After The Eclipse” e nella poetica “The Seldom Seen Kid”, le due meraviglie del full-length, alle quali si uniscono i cinque minuti dell’attraente “Six Words”.
Con la bellissima “The Seldom Seen Kid”, che porta il nome dell’omonimo album del 2008 – vincitore tra l’altro del Mercury Music Prize – Guy Garvey soavemente immagina sua moglie Rachael Stirling in una pista da ballo con con l’amico e musicista Bryan Glancy, scomparso prematuramente a soli 39 anni nel 2006.
“Flying Dream 1” è un disco che si fa voler bene, dieci tracce di spessore che tracciano magiche melodie che, sebbene non sempre memorabili e per la maggior parte del tempo avvolte da un accorata sensazione di impenetrabilità , non impediscono comunque agli Elbow di emozionare ammaliando con ogni singola nota.
Photo credit: Tom Sheehan