L’acqua come imprescindibile elemento vitale e, al tempo stesso, forza incontrollabile della natura che porta paura, morte e distruzione. Sono simili dicotomie a occupare un ruolo di primo piano nelle nove tracce di “Water”, il secondo album realizzato dalla musicista statunitense Lotic (all’anagrafe J’Kerian Morgan). Stando alle parole dell’artista texana, salita alla ribalta qualche anno fa grazie a un paio di remix per la Björk di “Vulnicura” e a una partecipazione al prestigiosissimo festival catalano Sónar, questa nuova fatica in studio è da considerarsi una vera e propria celebrazione dei contrasti insiti nell’animo umano.
Sembra quasi un controsenso perchè, dopo una serie di attenti ascolti, a emergere in maniera netta è solo ed esclusivamente un senso di estrema ““ ma ansiogena – quiete. Un flusso morbido di sonorità elettroniche che scorre in maniera dolce per quaranta minuti di eterea ma, ahimè, soporifera bellezza, con la voce angelica e candida di Lotic che sembra quasi volerci cullare tra avvolgenti tappeti di synth e delicatissimi pizzichi d’arpa.
Ma la pace non regna sovrana; di tanto in tanto, infatti, affiorano dalla superficie di questo placido fiume di musica avant-pop spumeggianti increspature digitali. Nel DNA di Lotic, che nonostante tutto sa come smuovere le acque, vi sono l’hyperpop e le forme più sperimentali e cervellotiche di R&B e dance. Generi che troviamo scomposti, riassemblati e trasmutati in un disco che vive di armonie e conflitti; un po’ come tutte le opere che non sanno ““ o non vogliono ““ seguire un percorso preciso.
Un lavoro complesso, praticamente impossibile da assimilare ma a suo modo appagante: nelle asprezze di “Come Unto Me”, nelle tenerezze aliene di “Always You” e “Apart” e nelle note tenebrose ed epiche di “Oblivious” e “Diamond” tutto il talento cristallino ma indecifrabile di un’artista che, restando su questi binari, potrebbe regalarci non poche soddisfazioni nel prossimo futuro.
Credit foto: Alex de Brabant