Oliver Earnest è un musicista di stanza a Stoccarda: già protagonista nella band post-punk Kaufmann Frust, il tedesco ha pubblicato da pochi giorni, via Glitterhouse Records, il suo primo LP solista, “The Water Goes The Other Way”. Le sonorità di questo esordio emanano profumi provenienti dagli Stati Uniti, ma il suo suono va oltre alle influenze e dimostra una certa maturità . Noi abbiamo intervistato via e-mail il musicista tedesco per farci raccontare del suo LP e non solo. Ecco cosa ci ha detto:
Ciao Oliver, come stai? Come vanno le cose in Germania con il Coronavirus? Il tuo album di debutto, “The Water Goes The Other Way”, è uscito solo poche settimane fa: come ti senti?
Ciao, sto bene, è triste vedere la Germania andare verso un altro lockdown con concerti cancellati e non poter tornare ad una vita più normale. Ma sono molto felice dell’uscita del mio album e della risposta che ha ottenuto finora.
Qual è il significato dietro al titolo del tuo disco?
“The Water Goes The Other Way” descrive un tema che appare abbastanza spesso nel disco. Il tema del muoversi tra stati di incredibile euforia e stati mentali molto depressi. Questi alti e bassi sono racchiusi nel titolo dell’album.
Da quando è uscito ha avuto un significato aggiuntivo per me, dato che sono molto contento per dove questo album mi porterà in termini di carriera, quindi “The Water Goes The Other Way” può essere interpretato nel senso che le cose stanno per cambiare radicalmente.
Canti in inglese: perchè hai scelto questa lingua invece del tedesco? è stata una scelta naturale per te?
Da bambino sono cresciuto in Colorado, negli Stati Uniti, quindi anche l’inglese era come una seconda lingua madre per me.
Quando ho iniziato a scrivere canzoni all’età di 15 anni l’ho fatto in inglese prima di passare a scrivere soprattutto canzoni in tedesco. Comunque circa 3 anni fa sono tornato a scrivere canzoni in inglese e credo di sentirmi più espressivo in quella lingua.
Suonavi in una band post-punk chiamata Kaufmann Frust: quanto si è evoluta la tua musica da quei tempi?
I Kaufmann Frust vanno ancora forte e io ne faccio ancora parte. Abbiamo anche finito un disco che dovrebbe uscire alla fine del 2022. Musicalmente c’è un suono abbastanza diverso rispetto al disco solista, con meno enfasi sulle canzoni e più parti strumentali. Inoltre nei Kaufmann Frust non sono l’unico autore delle canzoni, quindi la band è più mista in termini di scrittura, il che si traduce in un paesaggio sonoro molto vario. Questo paesaggio sonoro diversificato ha sicuramente ispirato la produzione del mio disco solista, dato che per me ogni canzone ha un’identità sonora distinta.
Il tuo suono è molto orientato verso gli Stati Uniti: Per esempio ho sentito i National in “Life Expectancy” o gli Strokes in “On The Outside”. Sei d’accordo? Quali sono state le tue maggiori influenze musicali per il tuo album di debutto?
Le mie più grandi influenze vengono sicuramente dagli Stati Uniti e le due band che hai menzionato sono tra le mie band preferite. “Is This It” e “Room On Fire” degli Strokes sono due degli album che ho ascoltato di più mentre crescevo. Quindi penso che, quando abbiamo prodotto il disco, io e Florian (produttore) abbiamo sicuramente cercato un suono americano, ma era importante non emulare semplicemente il suono di una particolare band. Altre band e artisti che hanno influenzato il mio suono sono Arcade Fire, Eels e Courtney Barnett.
Quali sono i soggetti più importanti nei tuoi testi? Cosa ti ha ispirato di più mentre li scrivevi?
Il mio tema principale direi che è il danno che la vita moderna può causare alla tua salute mentale. O semplicemente descrivere situazioni che al momento sembrano travolgenti e spaventose. Sicuramente incanalo alcune delle mie esperienze mentre scrivo, ma aggiungo anche cose che sento in pubblico o cose che gli amici mi raccontano e che mi ispirano.
Il tuo disco è stato scritto durante la pandemia? Se sì, quanto ha influenzato il tuo songwriting?
Le canzoni del disco sono state tutte scritte prima della pandemia, ma con alcune canzoni i temi dell’isolamento e del sentirsi sopraffatti si adattano abbastanza bene alla situazione attuale, ma non c’era una connessione diretta. L’intero disco comunque è stato prodotto durante diverse fasi della pandemia, il che ha sicuramente avuto un impatto.
Chi ha disegnato la bellissima copertina di “The Water Goes The Other Way”?
La copertina è stata disegnata da una mia amica, Julie Kechter, che è un’artista di Monaco.
Mi ha mostrato il quadro che aveva disegnato e le ho chiesto se potevo usarlo per la copertina. Dato che lei è anche una graphic designer, ha finito per disegnare l’intero artwork e non potrei esserne più felice.
I concerti stanno finalmente tornando. Come ti senti a poter vedere di nuovo i tuoi fan davanti a te? è qualcosa di emozionante?
Sono contento di poter finalmente suonare dal vivo le canzoni del disco e vederle creare una connessione con il pubblico; ho avuto alcuni momenti molto emozionanti sul palco e non vedo l’ora di averne molti altri.
Hai qualche nuovo artista o gruppo interessante da suggerire ai nostri lettori?
Una delle band che ho ascoltato di più nell’ultimo anno è la band statunitense Hop Along.
Combinano un suono di chitarra piuttosto grezzo con un songwriting estremamente versatile e la cantante ha una voce incredibilmente espressiva. Mi piacerebbe vederli presto dal vivo.
Un’ultima domanda: puoi scegliere una delle tue canzoni da usare come colonna sonora a questa intervista?
Mi piacerebbe usare la canzone “Crosswords” dal mio album come colonna sonora. Spero che vada bene.
Photo Credit: Ilkay Karakurt