#10) ROYAL BLOOD
Typhoons
[Warner]
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Sì, proprio così: il momento più atteso dell’anno è finalmente arrivato e noi – senza perdere troppo tempo – cominciamo subito con “Typhoons” dei famigerati Royal Blood, un lavoro piuttosto scorrevole e con i cosiddetti “attributi” che tiene alta l’asticella del duo britannico di Brighton. I flirt con l’elettronica sono evidenti e per questo coinvolgenti, così come la loro personale miscela musicale che attira la nostra attenzione dal non lontano 2014. Qualcuno ha parlato di comfort zone? Probabile, ma il colpo centra in pieno il bersaglio. E, alle volte, non è proprio questo quello che cerchiamo?

#9) JAKE BUGG
Saturday Night, Sunday Morning
[Sony Music]
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Il mondo intero avrà  sicuramente da ridire e non ho dubbi su questo: quest’anno sono senz’altro usciti prodotti tecnicamente superiori su tutta la linea all’ultima fatica di mr. Bugg, ne sono più che consapevole. Eppure, mentirei se vi dicessi che non ho ascoltato e riascoltato questo disco con un certo e costante entusiasmo. Bugg riesce a creare un prodotto a dir poco intrigante: tanto scorrevole (davvero, davvero scorrevole) quanto gradevole. Insomma: “Saturday Night, Sunday Morning” funziona e pure bene – secondo chi scrive -, quindi lasciate pure da parte i pregiudizi e dategli una possibilità .

#8) LANA DEL REY
Blue Banisters
[Polydor Records]
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Ennesimo colpo da maestro per la cantautrice americana, come ho appunto detto qui. Non mi sorprenderebbe trovarlo nella vostra personale top 3/top 5 dei migliori dischi della Del Rey e, a onor di cronaca, vi dirò che nella mia ci è già  entrato di diritto. Un percorso mistico ““ e quasi pastorale nell’atmosfera ““ guidato da quella morbida ed inconfondibile voce che continua a toccarci senza timore. E noi fermi, immobili: perfettamente inermi, come da ben 13 anni a questa parte. Serve, quindi, aggiungere altro?

#7) GRETA VAN FLEET
The Battle at Garden’s Gate
[Lava Records/Republic Records]
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Criticatissimi dai boomer più incalliti ed apprezzati dai più giovani ““ e no, non stiamo parlando dei Maneskin ““ i Greta Van Fleet quest’anno sono tornati con il loro terzo album di inediti in studio, che non ha assolutamente deluso le aspettative di chi bramava nuova musica dal quartetto statunitense. Derivativo e più che fiero della propria identità , “The Battle at Garden’s Gate” ci lascia con un risultato coinvolgente e piuttosto positivo. E così come per Bugg: lasciate da parte i pregiudizi anche per questa volta e dategli una possibilità . Sono sicuro che non ve ne pentirete.

#6) J. COLE
The Off-Season
[Dreamville/Roc Nation Records]

Jermaine, Jermaine ma che combini? Minacci il ritiro e ci lasci con questa bomba? Certo, grazie per il buon ricordo con cui intendi lasciarci ma, insomma, sei davvero sicuro di voler rinunciare a tutto questo? Perchè, sai, potendo scegliere… Battute a parte, il sesto album in studio di J. Cole rappresenta uno degli highlights dell’anno in ambito hip hop, che personalmente ho preferito al secondo capitolo della serie “King’s Disease” avviata da Nas (ben superiore al primo, il quale è inspiegabilmente reduce dalla vittoria di un grammy award, ma questa è un’altra storia). Il nuovo viene mixato al vecchio e il risultato è quello che è: uno dei migliori album hip hop dell’anno. Come da copione d’altronde.

#5) ADELE
30
[Columbia Records]
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Ne ho già  parlato? Oh, sì e, per la precisione, proprio qui. Il ritorno che tutti aspettavano alla fine è diventato realtà : “30” di Adele è finalmente nostro e non delude per niente. Miss Adkins si mette spaventosamente a nudo, con coraggio e dedizione, supportata da performance vocali da brividi lungo la schiena. Pop soul, R&B ed elementi hip hop in una miscela affascinante ed intensa. Il ritorno di Adele è tutto vostro. Salute.

#4) BILLIE EILISH
Happier Than Ever
[Darkroom/Interscope Records]
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Magari non un classico moderno al pari del disco precedente, ma sicuramente più maturo di quest’ultimo. Il pop che sposa l’anti-pop con un mix di influenze a dir poco invidiabile. Billie è cresciuta e piuttosto bene; ella invecchia per non perdere il suo tocco, anzi: evolvere da “bad guy” ad “Happier Than Ever” (la titletrack)? Diciamo che dev’esserne passata di acqua sotto i ponti. E speriamo vivamente che ne passi ancora tanta. Se i risultati sono questi”…

#3) SQUID
Bright Green Field
[Warp]
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Il gradino più basso del podio va a loro, ad una delle band rivelazione dell’anno per eccellenza: il progetto Squid con “Bright Green Field” rende possibile un vero e proprio miracolo musicale che non può lasciare indifferente alcun amante del post-punk. Molte sono state le uscite sotto questo genere ad attirare la nostra attenzione quest’anno: ebbene, credo che gli Squid ““ a umilissima detta di chi scrive ““ siano stati quelli che abbiano colpito di più nel segno. E in attesa del prossimo progetto ““ così difficile da immaginare ora come ora ““, godiamoci questa perla di rara bellezza. O almeno fatelo voi: io sarò troppo impegnato a discutere con quelli del team “Black Country, New Road”.

#2) SILK SONIC
An Evening With Silk Sonic
[Aftermath Entertainment and Atlantic Recording Corporation]

Medaglia d’argento per il joint album dell’anno: il progetto Silk Sonic è un semplice modo per toccare con mano il divino grazie ad un’autentica deadly combination. Da una parte un hitmaker infallibile come Bruno Mars; dall’altra un artista versatile ed estremamente talentuoso come Anderson. Paak: quale può essere il risultato? Conoscete la risposta. Derivativo? Sissignore e un giorno qualcuno mi spiegherà  perchè ciò debba costituire una nota di demerito a priori. è l’arte stessa ad essere derivativa: e questa, signore e signori, – se permettete – è arte allo stato puro.

#1) KANYE WEST
Donda
[Def Jam]
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La medaglia d’oro va a lui ““ al genio per eccellenza ““: all’allora Kanye West ed all’attuale Ye. Prima che rovinasse tutto con una deluxe edition, prima che aggiungesse brani bonus, prima che rivoluzionasse totalmente la tracklist, Donda era senz’altro il disco dell’anno. Il miracolo divino per eccellenza, capace di condensare tutta la musica del genio di Chicago ““ con le varie periodizzazioni ““ in un unico grande ed ambizioso progetto. Allora io voglio ricordarlo così, come il capolavoro che ho ascoltato per la prima volta senza alcun preavviso. E ricordarmi che anche quest’anno ““ musicalmente parlando ““ la storia è stata fatta e nella maniera più affascinante possibile. In barba a chi credeva che la “vera musica” fosse finita negli anni ’70.

P.S.   arrivati a questo punto, le menzioni d’onore da fare sarebbero davvero tante data l’incredibile quantità  di ottimi progetti usciti anche quest’anno, ma in particolare mi ritrovo costretto a citare quello che considero uno dei migliori album di debutto degli ultimi 12 mesi, ovvero “Projector” dei giovanissimi Geese di Brooklyn:  una vera e propria gemma in questo caldo 2021. Senza dimenticare quanto fatto da Little Simz e Genesis Owusu: altre due importanti rivelazioni da non dimenticare. E niente, dovevo dirlo: voglio dormire sereno anch’io la notte.