Per il suo esordio da regista la bravissima Maggie Gyllenhaal ha scelto di adattare un romanzo della nostrana Ferrante (La figlia oscura) e una messa in scena asciutta e sobria, molto devota al cinema indipendente americano degli anni ’00.
Una Olivia Colman ormai istituzionale è una schiva professoressa inglese in villeggiatura su di un’isola greca, i cui ricordi più dolorosi vengono innescati dalle dinamiche familiari dei compagni di spiaggia. In particolare quando la bimba di una giovane famiglia si smarrisce generando, ovviamente, il panico.
I sensi di colpa della professoressa, incapace di perdonarsi il temporaneo abbandono delle figlie da giovane (preferendo loro la carriera), emergono nel corso della pellicola, che intervalla la parte sull’isola a lunghi flashback, con discreta potenza. Invero un po’ fiaccata dalla prolissità dei flashback, ora davvero potenti nell’inscenare l’assenza di istinto materno (alcune scene sono davvero ficcanti e dolorose, come quella del ditino tagliato sbucciando l’arancia) ora un po’ troppo generosi sull’aspetto scabroso e sui tradimenti della giovane studiosa di letteratura.
E’ invece fantastica la resa della comunità estiva isolana che, grazie alla sceneggiatura e a grandi volti come quello di Ed Harris, risulta altamente realistica nel ricreare il microcosmo vacanziero e le sue dinamiche, una piccola società temporanea con la quale tutti prima o poi ci siamo trovati a confronto.