La storia di “All The While White Collides With Black” dei The Great Inferno comincia in uno studio, Le Klubhaus, creato con spirito visionario da Paul Mellory (Paolo Comini) Ronnie Amighetti e Paolo Blodio Fappani all’interno della Latteria Molloy di Brescia e ben presto riempito di amplificatori, chitarre, pedali, batteria, divani, tavoli, un cane e un orologio fermo alle dieci e zero cinque.
Mura amiche testimoni di una metamorfosi: prima c’erano infatti i magnetici e sfrenati Seddy Mellory, rocker veloci e pungenti dalle cui ceneri sono nati i The Great Inferno coi loro ritmi dilatati, le mille influenze rock, new wave ma anche psichedeliche. Un progetto che con l’ingresso di Michele «Michi » Bertoli a fianco di Mellory, Amighetti e Blodio sembrava aver trovato giuste vibrazioni e rinvigorito entusiasmo fino a un brutto giorno, quel dieci gennaio del 2019 e l’inaspettata scomparsa di Paul Mellory che ha gettato nello sconforto un’intera comunità .
L’anno dopo la serata tributo a lui dedicata a Brescia è stata luogo e contesto per presentare la prima stesura di “All The While White Collides With Black” con un nutrito gruppo di amici e sodali: Kika Negroni, Fidel Fogaroli, Omar Pedrini, Dario Bertolotti e Giovanni Battagliola dei Don Turbolento, Pietro Berselli, Simone Piccinelli (Plan De Fuga), Luisa Pangrazio e Gigi Ancellotti degli Ovolov, Cristian Barbieri (Hyper Evel), Gabriele Tura (Endrigo), Cris Lavoro, Nikki Lavoro, Emiliano Milanesi (Lunar), Umberto Ottonelli (IoBestia).
Un album che ora è realtà , lucidissimo testamento rock n roll in cui la voce di Mellory è centrale, non solo evocata ma presente in brani come “‘Let Me Kiss Your Throat From The Inside”, “Baby Dope” con le sue melodie sognanti e la cascata di chitarre o la bowiana “Junk Blackstar”. Il resto lo fanno le ruvide e dense emozioni dei compagni di una vita.
L’impeto tenace di “You Steal My Rock N Roll”, la grinta rabbiosa di “Eve ““ o ““ lution”, la furia punk di “Sympathy For My Fuck Out”, le distorsioni desert rock e il basso di “Oxy Oxy Oxy”. “Russian Roulette” dei The Lords Of The New Church abilmente modificata, riletta con la giusta impertinenza e la carezza finale, “When I Die I’ll Be A Ghost” dei The Senders rallentata, soffusa e soffertissima, quasi nuda, che mostra il petto e le ferite dopo tanto viaggiare. Solchi neri come occhiaie, profondi come rughe, un ricordo doloroso ma necessario.