Lo scorso dicembre Ezra Furman ha sostituito Marc Riley nel suo show su BBC 6 Music e tra le mille cose passate c’era anche una ragazza di Melbourne: miss Grace Cummings. Attrice di teatro oltre che cantautrice, si è fatta le ossa aprendo i tour australiani di Weyes Blood, Evan Dando, J Mascis, Allah-Lahs e nel 2019 ha pubblicato l’album d’esordio che si è guadagnato meritati elogi, quel “Refuge Cove” su cui ha scommesso la combattiva Flightless Records.
Recentemente on the road con i King Gizzard & The Lizard Wizard, Grace Cummings sembra arrivata a un punto di svolta firmando per la ATO e dando alle stampe l’album numero due. “Storm Queen” dove si sente fortissima l’influenza dei Beatles che la Cummings ha cominciato ad ascoltare a otto anni, di Bob Dylan evocato anche nei testi, di Townes Van Zandt, di Joni Mitchell.
Impressioni che si rincorrono tra arpeggi di chitarra acustica, pianoforte, armonica, un sassofono cattivissimo che spunta tra le note della title track. Il folk disinibito e brillante di tre anni fa si è arricchito di sfumature e rabbia, grinta e adrenalina. Anima ed emozioni c’erano già ed escono rinvigorite dalla prova del fuoco, in undici brani che sembrano fatti apposta per scaldare l’anima.
Centrale è ovviamente la voce potente e passionale di Grace, in bilico tra PJ Harvey e Anna Calvi, che regala interpretazioni magnetiche come “Heaven”, “Up In Flames”, “Here Is The Rose” o “Two Little Birds” e fragilissime come “Freak”, “Dreams” o “Raglan”. Battagliera e delicata sa stregare e irretire con eleganza e impeto al netto di ogni moda, tradizione, revival o accostamento forbito.
Credit foto: Ian Laidlaw