In un mondo pefetto i componenti degli Sherlocks non avrebbero fatto i musicisti, no, avrebbero fatto tutt’altro, ma non i musicisti, perchè qui non c’è lo straccio non solo di talento, ma neanche di una miserrima idea quantomeno interessante. Invece no, non essendo noi in un tale mondo ideale ci capita di imbatterci in questa band, incredibilmente giunta al terzo disco. Insomma il mistero Scherlocks si infittisce ancora di più. Com’è possibile che abbiano fatto 3 dischi? Ma davvero questi hanno un certo seguito? Da non dormirci la notte. Tutto quello che possiamo fare, a questo punto, è chiedervi di stare alla larga da questa terribile minestra riscaldata che si muove tra i Killers più spenti, Kings Of Leon in vena di scrivere pessime b-side e dei White Lies che invece di vestirsi di nero hanno iniziato a comperare qualche capo grigio.
Dire che si veleggia con il pilota automatico sarebbe un complimento. Non c’è un guizzo, un sussulto, un ritornello che non sia usa e getta della peggior specie e a questa povertà aggiungiamo pure la miseria del songwriting, con i pezzi fatti, più o meno, in fotocopia. Dave Eringa, vecchia volpe, prova disperatamente a rinforzare un po’ il sound, irrobustendo qualche chitarra, ma è come se a degli spaghetti insipidi e già riscaldati 20 volte si provasse a mettere del discreto ragù alla bolognese per dare un po’ di sapore: non si può salvare l’insalvabile.
Sherlock Holmes avrebbe già da un pezzo risolto l’arcano, ma anche un detective in erba sarebbe arrivato alla stessa conlusione: gli Sherlocks sono terribili. Conan Doyle avrebbe scritto un finale assai degno per questi ragazzotti ancora dopo il primo singolo, e invece ci siamo spinti fin troppo oltre. Speriamo che arrivi presto la parola fine per loro. Anzi, mi scuso, prestissimo.