Le emozioni imperfette con le quali dobbiamo, nel bene e nel male, quotidianamente, relazionarci, entrano in sintonia, anche a distanza di decenni, con le atmosfere in bassa fedeltà dei Pavement, persino con quelle di questo quarto album, “Brighten The Corners”, che è, probabilmente, quello meno ombroso. Un lavoro nel quale la band americana dona, infatti, un tocco di suadente e melodica leggerezza alla sua consueta cruda ed irriverente ironia, mentre, nel frattempo, se chiudiamo gli occhi, magari ascoltando la scintillante “Stereo” o l’accattivante “Shady Lane”, possiamo rivivere i momenti più significativi del nostro passato, proprio come fosse un film.
Ma non è tutto morbido e armonioso perchè oscurità e grigia nostalgia sono proprio dietro l’angolo, è sufficiente incamminarsi tra le trame vibranti di “Ode To Begin” o “Type Slowly”, mentre “Date With Ikea” e soprattutto “Embassy Row” offrono la versione più fuzzy, rockeggiante e spigolosa delle sonorità del gruppo. Altre canzoni, invece, come “We Are Underused”, Starlings Of The Slipstream” e la conclusiva “Fin” hanno assunto, con l’inevitabile scorrere del tempo, un alone epico e mitologico, caricandosi di tutti gli anni che ci hanno visto fermarci, crescere, cadere e rialzarci ed oggi sono quelle che, ad un primo ascolto, potrebbero catturare l’interesse di nuovi fan.
Nonostante testi che, tutto sommato, sono molto semplici e diventano quasi un corollario per le loro divagazioni indie-rock, le parole, nel loro significato minimale, riescono a rappresentare a pieno quello che è il nostro stato d’umore momentaneo; è come se esse sapessero leggerci dentro e richiamare, dal profondo, ricordi, percezioni, immagini e visioni che credevamo di aver perduto per sempre.
“Brighten The Corners” fu l’album che mise i Pavement dinanzi alla drammatica realtà , permettendo loro di uscire dalla dimensione surreale ed indolente nella quale avevano sempre amato rinchiudersi, avvicinandosi al rock più acido e lisergico dei precedenti decenni, senza, però, perdere la ruvidezza e veracità degli anni Novanta ed il loro sguardo, solo apparentemente distante, ma, invece, piuttosto cupo su quelle strane dinamiche che stavano proiettando il mondo verso il nuovo millennio che sembra assumere sempre più, man mano che ci avvicinavamo alla fine del disco, il sapore amaro di un estraniante e solitario blackout.
Pubblicazione: 11 febbraio 1997
Durata: 46:10
Dischi: 1
Tracce: 12
Genere: Lo-Fi, Indie Rock
Etichetta: Matador, Capitol Domino
Produttore: Pavement, Bryce Goggin, Mitch Easter
Registrazione: 1996
Tracklist:
1. Stereo
2. Shady Lane
3. Transport is Arranged
4. Date with IKEA
5. Old to Begin
6. Type Slowly
7. Embassy Row
8. Blue Hawaiian
9. We are Underused
10. Passat Dream
11. Starlings of the Slipstream
12. Fin