Nel 2017, quando Paul Draper è tornato a pubblicare un album dopo oltre un decennio di assenza, attorno a lui l’atmosfera era incredibilmente positiva. I fan e la critica avevano accolto benissimo “Spooky Action“, in rete i gruppi di discussione erano attivissimi, e durante i concerti le persone facevano amicizia, felici di potersi
parlare di persona dopo aver condiviso la passione per il proprio idolo sui social per anni e anni. L’idillio, purtroppo, non era destinato a durare e, complice la pandemia, ma non solo, gli ultimi anni sono stati molto duri per l’ex leader dei Mansun, e un po’ della magia che si era creata attorno alla sua carriera solista è svanita.
Al momento non si conosce di preciso la situazione personale di Draper, ma, almeno artisticamente, le cose vanno meglio per l’ex leader dei Mansun, visto che, finalmente, è riuscito, assieme a pochi fidati collaboratori, a mettere insieme un nuovo album. “Cult Leader Tactics” è un lavoro che può avere diverse chiavi di lettura e appare destinato ad essere percepito in modo differente, da un lato tra chi era fan dei Mansun e chi non lo era e dall’altro tra chi ha seguito le vicende del Nostro negli ultimi anni e chi non l’ha fatto.
Per gli appartenenti al primo gruppo di entrambe le categorie, la recensione viene molto più semplice. Musicalmente, infatti, si può parlare di un’evoluzione del lato più melodico dei Mansun, con un suono che può essere immaginato come quello che avrebbe potuto avere “Little Kix” se Paul avesse potuto mantenere il controllo artistico, che gli era invece stato negato dall’etichetta e da vicende interne alla band. Dal punto di vista dei testi, Paul torna a usare un concept, ovvero un’interpretazione satirica dei cosiddetti manuali di auto aiuto, utilizzando lo humour come scudo di protezione dalle difficoltà che gli sono occorse in questi anni. Questo dovrebbe bastare a solleticare il palato di chi era fan e non ha smesso di seguire Paul e certamente queste persone sono destinate ad adorare il disco.
Tra i lettori, però, esisterà certamente chi non è fan dei Mansun (purtroppo, lasciatemelo dire) e/o chi ha avuto altro a cui pensare in questo periodo, e vuole semplicemente capire se un disco che appare destinato a un posto in Top 10 nella classifica UK meriti di essere ascoltato oppure no. Per loro, occorre spendere qualche parola in più, ed eccomi qui per questo.
“Cult Leader Tactics” è un disco melodico, con canzoni a presa rapida e allo stesso tempo destinate a rimanere a lungo. Lo stile compositivo di Draper è fatto per lasciare il segno, grazie a uno stile riconoscibile e a un tocco e una qualità certamente sopra la media. Il timbro vocale è il perfetto complemento di questa ispirazione melodica, e dal punto di vista sonoro, il risultato gode sia di compattezza complessiva, che di una buona varietà . Chitarre, tastiere, synth e qualche giro di archi ogni tanto concorrono a rendere il disco fluido e incisivo e anche il modo in cui le canzoni sono messe una dopo l’altra, e in qualche caso letteralmente agganciate con giri melodici “comunicanti” rende l’esperienza di ascolto ancor più coinvolgente.
Per quanto riguarda i testi, Draper ha l’innato dono di scrivere di cose apparentemente lontane dalla realtà e mettere in campo immagini piuttosto bizzarre, ma se si presta più attenzione a ciò che viene detto, si capisce che c’è sotto qualcosa di molto concreto, e che l’autore sta usando delle allegorie per dire delle cose piuttosto dure in modo meno brusco e più intrigante, in modo da stimolare l’ascoltatore attento e sagace. Quanto detto vale soprattutto per la prima metà del disco, mentre nella seconda c’è una maggior schiettezza, con alcune canzoni in
particolare che, tornando a chi le vicende recenti le ha seguite, sembrano proprio dedicate a qualcuno in particolare. Non essendo noi un sito di gossip, non approfondiremo, ma il cambio di tono sotto questo punto di vista tra le prime sei canzoni e le ultime cinque può notarlo chiunque, e in ogni caso, anche i testi sono
tutti di ottima fattura e si associano sempre benissimo agli elementi musicali e vocali del disco.
In conclusione, la sensazione è che Paul Draper abbia fatto un disco di cui sentiva tremendamente il bisogno e che, pertanto, è in primo luogo destinato a soddisfare e dare sollievo a lui stesso e a chi si è sempre interessato a lui in senso positivo, senza voltargli le spalle. Però, lui è talmente bravo e talmente artista da essere in grado di proporre un lavoro con dei pregi così oggettivi e palesi che chiunque può, e verrebbe da dire deve, apprezzare. Ascoltate questo lavoro, qualunque sia il vostro grado di conoscenza dei Mansun e di ciò che è accaduto fuori dall’ambito prettamente musicale, e di motivi per lasciarvi conquistare ne troverete comunque.