Il ritorno dei Big Thief avviene con un lavoro di ben venti brani, cosa che non mi stupisce più di tanto vista l’inesauribile vena creativa di Adrianne Lenke, che nel 2020 aveva dat, anche in solitari, prova del suo cristallino talento con “songs & instrumentals” (qui trovate la nostra recensione).
La creatività di questa artista, che personalmente ritengo una dei maggiori songwriter in circolazione, è questa volta messa al servizio della sua band ed è sia una ghiotta occasione sia, allo stesso tempo, motivo dipreoccupazione, riusciranno infatti i Big Thief a tenere alto il livello e ripresentarsi con la qualità dei precedenti lavori?
La risposta che personalmente ho dato è abbastanza evidente, tra l’altro anche anticipata dai diversi ottimi singoli che avevano fatto da apripistaall’album. I Big Thief riescono in qualcosa che non è poi così scontato, artisti che al loro quinto album riescono a mantenere ancora interessante il loro sound e mostrarsi più vivi che mai è già cosa rara, ma questa band non fa solo il compitino, costruisce un album che non può limitarsi ad un semplice ascolto ma che va consumato e vissuto per poterlo apprezzare pienamente.
La produzione è stata affidata al batterista della band James Krivchenia che fa un ottimo lavoro registrando il tutto in quattro location diverse, con quattro ingegneri del suono diversi e quindi metodologie di lavoro distinte, dando all’album una differenza che, per quanto venga a volte percepita, non toglie al lavoro una sua omogeneità stilistica precisa, ma anzi aumenta la curiosità nell’ascolto.
La fase creativa dell’album racchiude tanti aspetti che andrebbero approfonditi e che avevano contraddistinto anche l’album solista di Adrianne, una scelta che si ripercuote nella scrittura e nella realizzazione dei brani.
Le prime registrazioni le hanno fatte in una casa-studio fuori New York di proprietà di Sam Evian (Flying Cloud Recordings ), immersi nel silenzio di un bosco e lasciandosi ispirare pienamente dall’ambiente, a volte improvvisando e registrando dal vivo e in acustico, come avvenuto per “Certainty”.
Di questa prima session è anche “12,000 Lines” tenera ballata folk nel quale è l’amore per un’altra donna a mostrarsi in tutta la sua intima dolcezza, e “Sparrow” con un andamento simile ad una nenia e un testo nel quale con la solita abilità di Adrianne ci racconta la verità su Adamo ed Eva, che spesso nella storia si è falsamente ripetuta ponendo la vera vittima al centro del peccato.
Se questa primasessione, anche per l’impatto della location, si prestava ad un certo tipo di sonorità , la seconda registrata in California si esprime con una maggiore forza ipnotica dovuta anche al supporto dell’ingegnere del suono Shawn Everett, incline ad una certa ricerca sperimentale.
Questo momento è ben raccontato da “Time Escaping” con la sua singolare sezione ritmica, “Little Things” e “Simulation Swarm”, uno dei brani capaci di catturarti immediatamente nel quale la voce di Adrianne è in evidenza e viene accompagnata magistralmente dal resto della band.
La terzasessione è state registrata nelle Montagne Rocciose del Colorado, affidata all’ingegnere Dom Monks che aveva lavorato con loro per “Two Hands”, è qui che hanno realizzato “Change”, piccolo gioiello anche nel poetico testo nel quale l’invito al cambiamento non è solo una scelta ma in fondo l’unica speranza che ci rimane.
Altro grande brano uscito da queste registrazioni è “No Reason”, impreziosito dalla partecipazione di Richard Hardy al flauto che ha collaborato in molti album di Carol King, una canzone che rappresenta una crescita e una dimostrazione delle capacità infinite di questa band unica.
La quarta e ultima session è stata registrata a Tucson, in Arizona, presso lo studio casalingo di Scott McMicken, in questo caso la band si è trasformata in una inedita formazione di cinque elementi, si è unito a loro Mat Davidson (Twain, The Low Anthem , The Deslondes e Spirit Family Reunion), cantautore e polistrumentista che ha aggiunto il violino e la sua voce nei brani usciti da questa sessione.
Di questo periodo sono la bellissima e entusiasmante “Red Moon”, un country folk che sembra proiettarci in una bella festa campagnola con il fuoco che ci illumina, e “Spud Infinity” altro grande brano con violino e scacciapensieri in evidenza.
Adrianne Lenker è veramente incredibile e con i suoi Big Thief ci regala un nuovo delizioso album, che diventa più bello ad ogni ascolto, partecipando a pieni voti al festival della buona musica che questo febbraio ci sta regalando.
Questa loro capacità di dominare il proprio talento e metterlo in musica, unito al loro modo di essere e mostrarsi così indipendenti, li rende quasi fuori da questo tempo, proiettati dal passato o da un auspicabile futuro dove è la sostanza che è essa stessa forma.
Grande album di una grande e vera indie band.
Credit Foto: Alexa Viscius