Tornano con il loro secondo album i Basement Revolver, band di Hamilton, città portuale che si affaccia aul lago Ontario. Li avevamo lasciati nel Febbraio 2019 con l’EP “Wax and digital” che aveva seguito l’ottimo esordio “Heavy Eyes“.
Chrisy Hurn-Morrison, voce, chitarra e principale songwriter del gruppo, ha purtroppo sperimentato quello che la maggior parte delle band ha subito in questi anni di pandemia: l’assenza di concerti e la solitudine. Solitudine che ha anche i suoi aspetti più malefici e sadici quando impedisce a giovani musicisti di riunirsi in sala prove, luogo d’incontro non solo fisico ma dove è possibile trovare un’energia assolutamente speciale. La brava artista canadese però, come gli impavidi guerrieri, rimane padrona del campo di battaglia e con l’apporto di Nim Agalawatte, Jonathon Malström e il nuovo batterista Levi Kertesz, confeziona undici brani dove i testi toccano temi delicati come la sessualità , la salute mentale, i traumi di un’educazione religiosa ancora attaccata a dogmi granitici, addirittura omofobi (Chrisy si riferisce alla Redeemer University, un istituto calvinista accusato di scarsa apertura) e l’ansia che ci ha accompagnato in questo periodo di paure legate ad un virus.
E’ proprio con un brano che tocca il difficile rapporto che si ha con il proprio corpo che si apre l’album. “Skin” ha un’apertura geniale con un suono di chitarra distorta a cui si accompagna la linea di basso che è lo scheletro di un pezzo che subito devia verso la sua forma malinconica appena la voce di Chrisy posa le prime pesanti parole “Make me feel small / Don’t want to know at all / The shape of my body“.
I quattro singoli che hanno preceduto l’uscita dell’album sono probabilmente i migliori del lotto, la dolce e melodica “Transatlantic”, che contiene la consueta dose di piccola disperazione (“I’m calling, are you in?“) è l’opposto della cruda e oppressiva “Tunnel Vision” dai toni angoscianti che ci trasportano in una sorta di trance.
“Circles” è un’altra perla melodica. Chrisy ci rende partecipi di un altro tema spesso toccato dalle band contemporanee, la salute mentale: “I’m always fighting with my own head / Can’t get out of it / Running in circles in the dark“, poche parole che pesano come macigni.
Ma non ci fermiamo di certo qui. “Be Okay” raccoglie in poco più di due minuti un’energia pazzesca, con la chitarra impazzita di Malström a stordire anche i più intrepidi mentre i gradevoli quattro accordi di “Slow” vengono insaporiti dal contributo di strumenti in un crescendo ben studiato, schema che ritroviamo in “Tired” altro ottimo pezzo da ascoltare con il giusto spirito.
I Basement Revolver possono essere soddisfatti di “Embody”. L’album è molto ricco di sfumature e conferma la crescita di questa band canadese che con i suoi brani comunica alle emozioni più intime di chi sa ascoltare.
Credit Foto: Stephanie Montani