L’ultimo disco dei Jam – datato 1982 –   è forse quello che meno è stato digerito dalla fanbase nel corso degli anni. Complici i continui cambi stilistici presenti al suo interno e le insistenti voci che in quel periodo cominciarono a circolare riguardo a un presunto scioglimento della band di Woking. Scioglimento che, infatti, sarebbe arrivato di lì a poco, lasciando a bocca aperta centinaia di migliaia di sostenitori decisamente affamati di punk, soul, psichedelia inglese e R&B.

La critica non migliorò certo la situazione, in quanto molti dei suoi più autorevoli esponenti dell’epoca non apprezzarono la direzione artistica intrapresa dagli inglesi, tanto da arrivare a definire l’intero album come “inconsistente“. Addirittura Graham Lock sul New Musical Express si espresse in questi termini: “Weller [storico membro fondatore del gruppo] sembra stanco della musica dei primi Jam… ma non conosce alternative migliori e quindi finisce per dilettarsi” aggiungendo che la band si sforzò di “fare troppo senza avere basi ben più solide del semplice desiderio di ‘continuare a muoversi’ ” o di “‘andare avanti‘, che dir si voglia.

D’altronde era evidente che qualcosa nei Jam si fosse spezzato definitivamente. Weller non sopportava i giovani teppisti – così distanti dalle rinomate linee melodiche del compositore –   che ultimamente si stavano rendendo protagonisti di evitabili episodi di violenza ai loro concerti. Il conflitto era, forse, di matrice filosofica prima ancora che personale: laddove Weller riusciva a produrre un ritornello dall’inevitabile risvolto commerciale, infatti, Buckler e Foxton avrebbero spesso e volentieri risposto con un arrangiamento più aggressivo e movimentato, direttamente indirizzato a quella fascia di pubblico ancora in fissa con l’esordio punk/mod del trio nel 1977. Se Weller, quindi, costituiva l’anima pop della formazione, Buckler e Foxton ne rappresentavano la parte più giovanile, più istintiva. E, forse, fu proprio questo particolare contrasto a regalare un tanto grande quanto breve successo alla formazione britannica.

Al di là  di ciò, “The Gift” raggiunse comunque la prima posizione delle classifiche inglesi, forte di un sound accattivante, permeato di influenze soul, funk e R&B. Impossibile, dunque, non citare la memorabile “Town Called Malice”, ancor oggi discussa per una perfetta linea di basso in stile Motown – interamente ispirata alla famosa “You Can’t Hurry Love” -, che permise alla band di sbancare alla cassa e alla radio, qualificandosi come il loro brano più popolare in assoluto. Tanto popolare quanto ribelle, visto che la traccia voleva essere nient’altro che una critica “spensierata” alla politica economica di Margaret Thatcer, in pieno spirito welleriano. Ma sarebbe ingiusto non citare altri importanti momenti del disco il cui contenuto politico non accenna certo ad affievolirsi. Prendiamo per esempio “Just Who Is The 5 O’Clock Hero”?, dove le note si prestano al lamento della classe operaia; o ancora a “Running On The Spot” dove lo stesso lamento prosegue con frasi come “anche se continuiamo ad accumulare mattoni, la struttura sembra non salire più in alto”. Ebbene, queste due canzoni pop rock – tanto simili alla già  citata “Town Called Malice” -, colpirono dritto al cuore dei connazionali di Weller nei primi anni ’80, esprimendosi in inni che miravano ad un dialogo esclusivo con l’insoddisfazione della classe lavoratrice inglese. Impossibile, poi, dimenticarsi di “Carnation” – ancora con un ritornello infallibile di Weller -, accusata di essere una semplice ballad senza infamia e senza lode, che in seguito sarebbe stata rielaborata da Liam Gallagher e Steve Cradock nel 1997.

è evidente che esista un solo modo per essere in grado di comprendere “The Gift” nella sua totalità  e quel modo non può prescindere dal semplice ascolto del prodotto. L’ultima fatica dei Jam, infatti, risente ancora oggi del peso che dovette fronteggiare all’epoca, un peso che in 33 minuti di riproduzione sembra improvvisamente svanire. “The Gift”, insomma, non è altro che un semplice ritratto di tutto ciò che i Jam avrebbero potuto continuare ad essere. Un regalo d’addio pacifico e pieno di classe, condensato in 11 brevi tracce a metà  strada tra il pop e la denuncia sociale.

Pubblicazione: 12 marzo 1982
Durata: 32:25
Dischi: 1
Tracce: 11
Genere: New wave, Mod revival
Etichetta: Polydor
Produttore: Peter Wilson, The Jam
Registrazione: 1981-1982