“All songs, written, arranged and performed by Julian Pitt using a 12 track recorder“.
Quando ero un ragazzino, migliaia di anni fa, comprai la cassetta di “Pipes of Peace” di Paul McCartney e mi stupii, leggendo i crediti, notando che tutti i brani contenuti nell’album erano stati interamente registrati da Paul che non solo cantava, questo era piuttosto ovvio, ma che aveva anche suonato tutti gli strumenti. Sicuramente la storia di questa nobile arte quale è la musica è ricca di episodi simili ma per chi vi scrive fu l’ennesima conferma della grandezza del baronetto che tanto amavo in quel periodo.
“Happy Graffiti” è il terzo album di Julian Pitt, in arte Armstrong. Se aggiungiamo una triologia di raccolte di demo scopriamo che il cantautore gallese è uno di quegli artisti a cui non manca di certol’ispirazione.
Anche in questa occasione Julian non si risparmia e sforna un bel discone di 14 brani che non tradiscono la buona impressione avuta ascoltando i suoi precedenti lavori, tra tutti il precedente “Under Blue Skies”.
Anche il nostro Julian, come il baronetto di Liverpool, si sa ben destreggiare con gli strumenti musicali e già dall’ottima opener “Disinformation” ci facciamo gentilmente coccolare dai toni delicati e solari di un brano che dovrebbe aprire la nostra playlist mattutina, così, tanto per iniziare la giornata nel migliore dei modi.
La chitarra acustica è lo strumento principe di questo album che ha nei brani più malinconici i momenti più toccanti. “Eyes Open Eyes” e “Remember Days” non lasciano indifferenti mentre “Happy Someone” e “Outside Looking In” danno ritmo e lucentezza.
Il piano di “In A Memory” e gli archi di “Songbird” danno quel pizzico di classe e romanticismo che permea incessantemente i solchi del disco. Amanti di Aztec Camera, Teenage Fanclub e simili troverete in Julian Pitt un degno paladino di quei suoni, un artista sensibile e, in un certo senso, geniale.