I Fontaines D.C., in procinto di pubblicare l’atteso “Skinty Fia” e dare consistenza sonora alle proprie visioni politiche, riportandole, però, come sempre accade con la band irlandese, su un piano più intimo, più emotivo e più personale, hanno proposto, ieri sera, all’Alcatraz di Milano, la propria tempesta di sonorità e vibrazioni post-punk. Un set che tocca l’anima ed il corpo, che scorre senza interruzioni ed intoppi dall’iniziale “Televised Mind” fino alla conclusiva “The Lotts” e che, tra ballate elettriche, storie tormentate e narrazioni senza confini, ci conduce in una dimensione cruda e veritiera nella quale ciascuno di noi si sente nudo dinanzi allo specchio della propria coscienza.
Dublino, con il suo immaginario, la sua umanità e la sua poetica e commossa partecipazione non abbandona mai la band, anche a centinaia di chilometri di distanza, anche in una primavera milanese che inizia a far sentire i suoi primi vagiti di speranza, nonostante le minacce e le inquietudini trasportate dai famelici venti di guerra che soffiano, brutali, da est.
Il pubblico è carico di passione. Finalmente un concerto dal vivo, anche se la così detta “politica dei migliori” resta sullo sfondo, con i suoi assurdi divieti, con i suoi comportamenti paranoici, con la sua lugubre visione di un futuro fatto di permessi, di certificati, di una normalità garantita solamente dai pass, i quali, paradossalmente, rendono le nostre esistenze sempre meno normali, sempre meno serene, sempre meno spensierate. Ma già dalla prima canzone il pubblico presente era tutto in piedi, saltava e ballava, nonostante l’assurda e liberticida rigidità delle logiche governative italiane. Il quintetto irlandese, infatti, è riuscito nell’intento di trasformare le visioni distropiche che, da due anni, accompagnano la nostra quotidianità in una performance fluida, impetuosa e genuina, lasciando che le proprie trame musicali, elettriche e ipnotiche, prendessero il sopravvento. “I Love You”, intanto, con il suo tocco melodico, schietto e dolente, ci spronava ad uscire dal buio delle nostre ossessioni domestiche e da quell’oscurità sempre più simile ad un gelido ed estremo giaciglio virtuale, in modo da esprimere, con coraggio, le nostre emozioni e soprattutto i sentimenti che proviamo nei confronti di coloro che amiamo, che, magari, adesso sono lontani o con i quali, in passato, abbiamo avuto contrasti distruttivi.
Non siamo stati creati per queste vite omologate; non siamo stati creati per ricevere ratifiche ed attestati, per essere sottoposti a giudizi o a qualsiasi altra certificazione di bontà o correttezza; non siamo stati creati per seguire, supinamente, rinunciando al nostro spirito critico, gli ordini e le imposizioni di altri uomini, soprattutto quando essi non sono altro che un concentrato malvagio e mortale di follia, di odio e di violenza. I Fontaines D.C. creano un magnifico ponte-arcobaleno tra le fantasie new wave dei Cure e dei Joy Division e le loro intense ed abbaglianti armonie post-punk, in un ideale abbraccio tra il meglio del passato e del presente, spronandoci ad allontanarci dalle sirene artificiali che vogliono solo condizionarci e spingendoci a vivere la realtà , la bellezza e la poesia che ci circondano e che sono parte di noi, anche quando ci fanno soffrire, anche quando ci rammentano le nostre perdite, i nostri sacrifici e i nostri errori, perchè, tutto sommato, senza queste esperienze dolorose, senza queste ferite, probabilmente, non saremmo stati all’Alcatraz ieri sera, ad allontanare l’odio e a restare fedeli, nel miglior modo possibile, ai nostri sorrisi.