Quando il nome Wet Leg è apparso all’improvviso con il singolo “Chaise Longue” l’impatto è stato immediato, la combinazione del brano e del video erano decisamente capaci di generare una certa curiosità .
Il sound con un inizio contraddistinto dalla sezione ritmica e un basso accattivante, unito ad uno spoken che si combinava perfettamente, creava un situazione tipica di quei brani new wave destinati a diventare fenomeno mainstream, a dirla tutta il brano manteneva una certa attitudine da panorama indie svelando comunque una produzione ambiziosa.
Se hai per le mani due giovani artiste capaci di tirare fuori dei brani così divertenti e già pronti per la festa, devi solo in fondo dare una sistematina al vestitino e il gioco è fatto, consapevoli del fatto che qualcuno, comunque, farà fatica a prenderle sul serio è decisamente meglio spingerle verso un indie divertente e scanzonato.
Per “Chaise Longue” funzionava anche il video, incuriosiva l’ambientazione e ci faceva domandare da dove venisse questa nuova band, sicuramente attirava la mia attenzione e i Wet Leg finivano decisamente sotto osservazione, il brano aveva anche la capacità di non stancarmi subito alimentando la curiosità di ascoltare altri brani.
Dal loro inizio sono usciti una serie di singoli decisamente esagerato, sei in tutto che anticipavano l’album, brani che mostravano alcune caratteristiche precise, in primo luogo arrangiamenti scintillanti e un lavoro di mixaggio e studio notevole.
“Too Late Now” è in questo senso emblematico, ripete la costruzione sonora di “Chaise Longue” con una partenza con una sezione ritmica coraggiosa e la voce particolare e dolce che si posa delicata per poi svoltare con uno spoken rappato che sfocia in un finale scatenato, tutto costruito in maniera perfetta, per qualcuno può essere una colpa ma che dire, ci stiamo decisamente divertendo.
Se “Oh No” e “Angelica” rappresentavano i primi singoli che iniziavano a mostrare un po’ di fiato corto, con “Wet Dream” e “Ur Mum” si tornava ad alzarsi in piedi per far partire la festa, clap hands e coretti e poi fuori le birre stasera si (indie) balla.
Esce l’album e sei brani su dodici ormai sono stati già consumati per bene, il resto poteva anche essere trascurabile per un disco che aveva già almeno quattro brani che potevano fare da traino, non mi aspettavo molto invece anche il resto merita l’ascolto perchè Rhian Teasdale e Hester Chambers ci sanno fare e la produzione di Jon McMullen e il mixaggio di Alan Moulder (Arctic Monkeys. Beach House, Foals) fanno il resto quando serve.
In “I Don’t Wanna Go Out” abbiamo un accenno di riff di chitarra da “The Man Who sold The World”, che forse è un omaggio, “Piece of Shit” un bel brano alla Lucy Dacus, “Supermarket” pieno di cori è leggera ma non banale, funziona anche “Loving You” basso e synth e con la voce deliziosa della deliziosa Rhian Teasdale.
“Wet Leg” pagano il fatto di essere divertenti e immediati, che unito ad un successo che sicuramente sarà crescente spingerà molti a sottovalutarle, ma queste due ragazze hanno raccolto e trasformato in un opera pop gran parte del post punk passato e presente mostrando una brillantezza compositiva che riesce a farmi perdonare una certa sensazione di costruito che provo, ma che a dirla tutta provo anche per altre band considerate e osannate.
Rhian Teasdale e Hester Chambers ci riportano sul pianeta del post pop punk, e lo fanno con un esordio carico di energia, ci fanno riscoprire che si può essere diretti e divertenti e maliziosamente mainstream senza per questo essere necessariamente stucchevoli, ben fatto “Wet Leg” avanti tutta.
Credit Foto: Hollie Fernando