Diamo il bentornato ai cari Hellacopters. La creatura musicale di quell’eroe Nicke Andersson torna a ruggire e piazza il nuovo album dopo tanti, troppi, anni dal precedente disco. Sarò franco, non c’è molto da scrivere, perchè tutto sommato con i nostri svedesi preferiti si sa bene dove andare a parare. La band non va certo a riproporre il sound sporchissimo e grezzo degli esordi, ma veleggia in scioltezza sui binari di una produzione hard-rock che va a omaggiare quei classici che, ormai, conosciamo benissimo quando si parla degli Hellacopters.
Il songwriting è su buoni livelli, la coppia Nicke Royale e Dregen piazza gustose cavalcate in cui il piano scandisce il ritmo e le chitarre bruciano vigorose, sfornando gustosi assoli carichi. Tutto ben levigato (pure troppo?) tra accenni glam e sano rock. I ritornelli sono ben costruiti e quando questi brani arriveranno live ci sarà sicuramente da divertirsi. Più che parlare di brani “classici” per la band come “Reap a Hurricane” o “Can It Wait” che aprono in modo energico il disco (per non parlare della micidiale title-track) e veleggiano su riff ben costruiti, è bello soffermarsi su qualche variazione sul tema, ovvero lo scuro e torrido blues-rock anni ’70 di “So Sorry I Could Die”, il piglio alla Thin Lizzy di “A Plow And A Doctor”, le chitarre anni ’80 della “leggera” “The Pressure’s On” e la divertente “Tin Foil Soldier”, che sembra uscire da un disco dei “nostri” Giuda.
I corettoni, gli assoli e l’andamento frizzante (con il furbo stop & go) di “Try Me Tonight” chiudono un disco sicuramente positivo, ma, sarò sincero, un pizzico di “sporcizia” in più, in alcuni frangenti, non ci sarebbe dispiaciuto.