Dall’esordio a passo morbido con “Pony” ai muscoli e l’impeto del “Bronco”: ecco la nuova prova sulla lunga distanza per il cowboy mascherato Orville Peck.
Il canadese, la cui vera identità è volutamente tenuta nascosta, torna col suo country dalle squisite trame melodiche, tirato a lucido dalla casa madre Sony, ma che mette in mostra una scrittura profonda e curata, una voce baritonale capace di accarezzare come di andare in profondità in termini di pathos, il tutto supportato da una band dal valore assoluto.
Se il canovaccio strizza l’occhio all’americana ed al bluegrass dei più consolidati, tra ovvi ed immancabili rimandi a mostri sacri del passato (in “Outta Time” il riferimento è praticamente diretto: “She tells me she don’t like Elvis/I say I want a little less conversation please“…), la qualità non manca dal primo all’ultimo minuto, così come gli episodi degni di particolare rilievo: l’energica opener “Daytona Sand” e l’altrettanto galoppante (mi si perdoni…) titletrack “Bronco”, l’effervescente “Lafayette”, le magniloquenti “Trample Out The Days” e “Let Me Drown”.
Che Orville Peck sia o meno un prodotto ben studiato a tavolino (e, peraltro, pure un’icona LGBT), quel che conta è che il risultato sia davvero positivo: il canadese si conferma uno dei portabandiera del country più accessibile e radiofonico.
Il presente e, probabilmente, anche il futuro sono suoi.