Grande artista con alle spalle tanti anni di musica, Hugo Race arriva in Italia, dove è di casa, per presentare l’ultimo album che prende spunto proprio dal cordone ombelicale che lo lega al nostro paese, “Once Upon A Time In Italy” è stato scritto e pensato già nel 2019 insieme alla sua nuova reincarnazione sonora ovvero i Fatalists, che lo accompagnano da un pò di tempo a questa parte, già da più di un lustro ad essere precisi.
Io sinceramente ho un piccolo debole per l’artista australiano, straordinario interprete di un folk a tinte noir, sempre grande attenzione al suono, voce cavernosa e crepuscolare e scrittura di alto livello, mai un compromesso, uno scivolone, un artista vero, capace di regalarci con estrema puntualità sempre musica di assoluto livello, lui è la fonte e diversi e svariati i musicisti che lo hanno accompagnato in queste tre decadi di carriera comode, si può solo essere che onorati di averlo spesso e volentieri in concerto dalle nostre parti.
I Fatalists sono appunto il combo italiano nella fattispecie Diego Sapignoli e Francesco Giampaolo dei Sacri Cuori, quindi Giovanni Ferrario (già con mille progetti in curriculum, da Morgan, ai suoi Views e Micevice, ma soprattutto la prestigiosa collaborazione con P.J. Harvey e i mai dimenticati Scisma), che accompagnano Hugo per tutto il tour primaverile e si spera anche estivo, hanno contribuito attivamente anche alla stesura e alla realizzazione del disco nuovo.
E’ il blues grezzo a volte, profondo a fare da terzo incomodo, come nel secondo brano “Beat My Drum”, la canzone d’autore viscerale e depressiva come “Hooked”, la bellissima “Boy & Arrow”, forse l’episodio migliore, del disco vecchio, di cui si sente inevitabilmente la mancanza di Lisa Crawley (presente nella registrazione), ma è talmente bella da emozionare ugualmente, ma anche la psicotica “Mafia” o “Hurdy Gurdy Man”, la cover di Donovan, relegata a ruolo di brano easy listening con connotazione, si fa per dire, da singolo, per non dimenticare “Atomized”, forse il brano migliore del nuovo disco e la stessa title track che apre il concerto e la clamorosa “Ballad Of Easy Rider” che lo chiude.
Questa sera è il Druso di Bergamo ad ospitare una delle tante tappe di questo ennesimo giro, credo per la terza volta, il collettivo italo – australiano.
Considerando tutto, affluenza discreta, allestimento con tavolini e sedie per ricreare, in un club, una certa atmosfera da pub metropolitano, band che non delude, ma nessuno aveva dubbi in merito, dato che siamo di fronte a grandi musicisti, con un gusto elite nella scelta dei suoni e nelle trame.
Un’ora e venti di concerto che filano via velocemente, lasciando il segno ancora una volta.