Si torna al teatro Arcimboldi, come già detto, non il mio posto preferito per diversi motivi e l’antipatia rimane la stessa, ma del resto volevo concedermi di vedere almeno una volta i Pet Shop Boys, gruppo seminale dell’elettro pop anni ottanta, a volte anche sottovalutati dalle chiacchiere da bar: “ma davvero vai a vedere i Pet Shop Boys?”
A mio avviso hanno scritto alcune canzoni incredibili per costruzione armonica e sviluppo melodico, mi riferisco alle hit evergreen che ancora oggi cantiamo, magari a squarciagola, quando le becchiamo in radio casualmente.
Voglio dire “It’s a sin” è una di quelle canzoni che capitano probabilmente una volta nella vita, è quel fulmine che passa per caso e si ferma, praticamente irreplicabile a tavolino e per quanto riguarda loro, nella fattispecie, non è stato un caso isolato, perchè “Suburbia”, “Domino Dancing” “West End Girls”, ma anche, perchè no, “Opportunities” hanno tutte la peculiarità di rimanere nelle playlist storiche e stasera, in questo tour che passa da Milano, fanno proprio un best of, il più classico dei greatest hits dopo ormai quasi quarant’anni di carriera.
Tra l’altro mastodontica, costellata, si, da hit evergreen, ma anche da sperimentazione, avanguardia, con la bravura assoluta di saper mescolare l’approccio popular di certe scelte, anche tranquillamente negli episodi minori e una certa cura dei suoni di Chris Lowe, sempre un attimo avanti rispetto al momento della pubblicazione e poi la voce di Neil Tennant che fa tutto il resto, uno di quei timbri che fanno la differenza e trasformano anche il brano meno riuscito, dono di pochi. E comunque anche per rispondere agli scettici il trittico, definito imperiale, “Please”, “Actually” e “Introspettive” a cui aggiungerei tranquillamente “Beahviour” del 1990 rappresentano un inizio di discografia da fuoriclasse assoluti della canzone inglese.
Dicevo stasera il classico concerto da raccolta dei singoli, scenografia e visual di altissimo livello e non poteva essere diversamente (visto anche il costo dei biglietti): il set incomincia celebrando il primo periodo, quindi Neil e Chris in solitaria come icone incontrastate, partono con “Suburbia”, tanto per capirci, dopo cinque brani, cambio repentino di line up con l’introduzione di tutta la family Pet Shop Boys, band al completo e lì una scaletta da 26 episodi, uno dietro l’altro, le varie “You Were Always On My Mind”, “Heart”, “Dreamland”, “Domino dancing”, la sempre clamorosa “Go West”, ovviamente “It’s a sin”, fino a chiudere con “West And Girls” e “Being Boring”.
Neil, vicino ai settanta, ma assolutamente ancora sugli scudi, perfetto vocalmente parlando e vero mattatore, Chris la solita statua granitica da trenta e passa anni a questa parte. Avrei preferito vederli in una dimensione club, che poi sarà sempre e solo la circostanza migliore per vedere un gruppo, lo spazio giusto per non sacrificare certe produzioni esigenti ed ambiziose e lo stesso posto non troppo impegnativo per avere uno scambio empatico artista / pubblico, ma non sto certo scoprendo nulla di nuovo.
Detto questo: gran concerto.