Carla, per il sottoscritto, rappresenta qualcosa di più di una semplice musicista. Io e lei non ci siamo mai visti, ma abbiamo avuto più volte occasione di intrecciarci in conversazioni, punti di vista e scambi di vedute nate attorno alla particolarità di un progetto che, a mio parere, non può che conquistare per coraggio, qualità , volontà e potenza di ricerca.
Sì, perchè Carla Grimaldi è una che fa della contaminazione, della miscela alchemica di mondi, linguaggi e visioni, della frequentazione un po’ nomadica e deliziosamente scriteriata di più generi e punti d’osservazione il proprio personale mantra vitale, trovando la benzina per il proprio motore sui palchi più prestigiosi d’Europa, di fronte a chi ancora di musica si nutre non perchè abituato ad ingozzarsi di qualsiasi schifezza gli capiti sotto mano, ma nella speranza di riconoscersi in un pubblico che, seguendo le orme di musicisti illuminati (e illuminanti) che paiono sempre più, oggi, predicatori nel deserto, possa diventare interlocutore di uno scambio che ha bisogno di nuove parole, di nuove emozioni e di nuovi suoni.
Non a caso, nel corso della sua carriera musicale (lei è giovanissima, ma è nata con le maniche rimboccate…) Carla ha suonato ovunque con chiunque, passando dalla musica sinfonica alla canzone d’autore di Blindur, stringendo collaborazioni con professionisti provenienti da ogni parte del mondo e sentendosi maglia di una rete che professa qualità d’approccio come unico farmaco a tutta la mediocrità che ci circonda.
Potevo mai farmi scappare l’opportunità , in concomitanza con la pubblicazione del secondo singolo estratto dal suo disco d’esordio che verrà , di fare qualche domanda alla violinista? Ovviamente, no.
Carla, una vita a calcare palchi esibendoti in svariati contesti. Chi più di te può raccontarci cosa abbia significato fermarsi, durante il lungo stop pandemico che ora sembra essere arrivato ad una sua conclusione?
L’esperienza dello stop forzato mi ha colta assolutamente impreparata la prima volta, con un tour di più di 50 date programmate nel 2020, di cui una parte in America. Emotivamente non è stata facile da gestire, ma, una volta superata la prima, ho tenuto testa al periodo lavorando molto in studio e approfittandone per migliorare la mia padronanza dello strumento e il mio modo di comporre. Ho deciso di mettermi in discussione, e il risultato è stato iniziare finalmente il mio percorso solista e scrivere le orchestrazioni per il nuovo disco di Blindur, in uscita quest’anno.
Rimaniamo sull’aspetto live. Hai già ricominciato a suonare, esibendoti al fianco di diversi progetti. Credi che la pandemia abbia in qualche modo “mutato” il “feeling” dello spettatore con il palco? Insomma, il pubblico è diverso da quello che tu avevi lasciato?
La cosa che ho notato non solo negli spettatori ma soprattutto in me, è la volontà di vivere in pieno il momento presente. Sto vivendo l’esperienza del live in maniera più consapevole e libera, e questo mi permette di dare molto di più a chi viene ad ascoltarci. Penso che, in un qualche modo, questo sia un grande insegnamento che la pandemia ci ha dato: godersi il presente.
E qual è, invece, il palco più “emozionante” sul quale ti sei esibita? E quale, invece, quello sul quale ti piacerebbe un giorno esibirti?
All’inizio di maggio salivo sul palco dell’Uno Maggio Libero e Pensante di Taranto, senza dubbio un’esperienza importante per me. è stato il primo Uno Maggio post-pandemia, e l’emozione era tangibile. La manifestazione è carica di significato, in quanto pone l’accento sui diritti dei lavoratori e sul diritto alla salute e vedere tutta quella consapevolezza e quella gioia allo stesso tempo è stato davvero potente. Per quanto riguarda il palco sul quale in giorno mi piacerebbe esibirmi, non ho dubbi: l’ Ypsigrock Festival a Castelbuono!
Andiamo al tuo progetto: è evidente lo slancio naturalistico di un lavoro che pare voler portare in musica un viaggio che dal cielo sta pian piano avvicinandosi alla terra. Ma da cosa nasce, l’esigenza di questa “narrazione” particolare?
Da naturalista, ho sempre trovato affascinante ed estremamente poetica la natura e tutti i suoi fenomeni (sono Geologa, oltre che violinista). Ho sempre pensato ai fenomeni naturali in senso lato come ad un miracolo che avviene ogni giorno sotto i nostri occhi: la bellezza dell’ universo, la poesia del mare, la tensione che si avverte in una zona vulcanica. Con la mia musica ho l’obiettivo di trasmettere questo mio stupore e la mia fascinazione verso la natura all’ascoltatore, e lo scopo generale è quello di porre l’accento su come questa bellezza sia in pericolo, minacciata dall’inquinamento e dal Climate Change.
Andiamo nello specifico, parliamo un po’ di “The Moon and The Tide”: cosa rappresentano per te le maree e la luna, e come hai voluto raccontarle, musicalmente, nel tuo secondo brano estratto dall’album che stai producendo insieme a Blindur?
Quando è nata the Moon and the Tide, l’ispirazione principale è venuta fuori pensando al fatto che tra la Luna e la Terra esiste una forza di attrazione. Mi affascinava tantissimo pensare a come un corpo celeste esterno a noi influenzasse così tanto gli oceani, a come rapidamente possa cambiare un paesaggio durante le fasi di bassa ed alta marea, e a come questo “legame” abbia influenzato le più antiche culture del mondo: esistono miti e leggende infatti dedicati alla dea Luna in molte culture antiche, da quella greca e quelle orientali. Dal punto di vista compositivo, il tema nasce come un canto dedicato alla bellezza di questa attrazione, mentre le seconde linee dei violini e dei violoncelli vogliono rimandare al moto ondoso. Le viole invece, intonano un vero e proprio inno di adorazione verso la magia della natura, il tutto enfatizzato dall’elettronica.
Trovo molto particolare, inoltre, il tuo rapporto con la moda: sei stata “vestita”, anche per questo singolo, da APNOEA, “collettivo” di stilisti con un approccio particolare allo styling. Ci vuoi raccontare qualcosa di più su questa collaborazione?
Sono convinta del fatto che che la sinergia tra il mondo della moda e il mondo dello spettacolo sia estremamente importante, in quanto un abito può essere parte del messaggio artistico e sociale che si vuole lanciare, ed è proprio quello che è successo tra me ed Apnoea, brand napoletano nato da un’idea di Pina Pirozzi ed Enzo Della Valle. Apnoea utilizza materiali non convenzionali e giacenze di magazzino per la realizzazione dei capi, con l’intento di porre l’accento sulla questione sostenibilità e rispetto per l’ambiente, due temi molto importanti per il mio progetto. Inoltre, gli abiti sono sizeless, secondo il tentativo di far aderire un abito non al corpo, ma alla personalità di chi lo indossa, lanciando a mio avviso un importante messaggio di inclusività nel mondo della moda. Per lo shooting di the Moon and the Tide, Apnoea mi ha trasformata nella Luna, in bianco, e nella Marea, in blu, e durante lo shooting, realizzato da Enrico Pascarella, abbiamo tentato di rievocare l’attrazione gravitazionale tra il nostro satellite naturale e gli oceani.
Vista la situazione generale, preso atto del tuo percorso di studi e ricerca non solo in campo musicale, la domanda che mi sorge spontanea rivolgerti è: come vedi il futuro della Terra? Che sensazioni hai sul domani? Non puoi avvalerti nel diritto di non rispondere”…
Non mi sarei mai avvalsa del diritto di non rispondere, anzi! Sono molto contenta di ricevere questa domanda. Personalmente, è difficile condensare la mia opinione in poche righe, ma ci proverò. è ovvio che la situazione in cui versa la della Terra mi preoccupa, molto, ma mi piace pensare che sia possibile cambiare in meglio, e sono convinta che lo si possa fare rendendo le persone più consapevoli della meraviglia che ci circonda. Riconoscere la bellezza della natura e dei suoi fenomeni, dall’alternarsi delle stagioni alla possibilità di respirare aria più pulita, credo sia un passo fondamentale per far crescere il rispetto dell’uomo verso quest’ultima. Questo passo verso la consapevolezza così importante, potrebbe portare le persone a mettere in atto nel quotidiano piccoli ma potentissimi gesti come ad esempio evitare la plastica, riutilizzare oggetti, evitare gli sprechi, e man mano mettere in atto una vera e propria rivoluzione. Penso fermamente che in questo senso, un grandissimo contributo potrebbero (o meglio, dovrebbero) darlo le scuole.