di Enrico Sciarrone (DCD) e Cavrioli Riccardo (Astrid Williamson)
Il ritorno alla vita.
L’auspicio che tutti abbiamo fatto a noi stessi, durante la difficile gestione della crisi pandemica che ha mutato la nostra quotidianità , passa anche attraverso la possibilità e la capacità di riappropriarsi nuovamente di spazi di sano benessere che riconcilino cuore e anima. La musica in questo ha un potere straordinario e la ripresa delle attività live è stata accolta con entusiasmo. Già perchè è tangibile la voglia di tornare non solo a divertirsi, ad aggregarsi ma anche a sognare, ad emozionarsi, a lasciarsi andare a sentimenti forti che solo la musica può suscitare. Basterebbero queste parole per riassumere perfettamente la portata dell’evento che ha visto il ritorno dei Dead can Dance in Italia per due serate a Padova al Teatro Geox nell’ambito del loro tour europeo, inizialmente pianificato nel 2021 ma poi rischedulato per i tristi eventi di cui sopra. Un tour il cui motore portante non si e’ discostato affatto da quello che aveva portato i nostri ad esibirsi a Milano nel 2019 (in due date naturalmente sold out al Teatro Arcimboldi .
Come allora la band, piu’ che promozionare l’ultimo lavoro in studio “Dionysus” risalente al 2018 abbastanza controverso e interlocutorio, che aveva destato qualche malumore tra la critica e il pubblico (per noi era comunque da sette in pagella), ha provveduto a “celebrare” o meglio a “festeggiare” insieme ai propri fan il proprio quarantennale di carriera, fatta di coraggio, di continua sperimentazione, di costante ricerca di paesaggi sonori incredibili, non avendo mai timore di generare commistioni , di sorprendere, di disorientare anche a costo di non accondiscendere verso tematiche comode e sicure.
Con una band di straordinari polistrumentisti tra loro interscambiabili, Lisa e Brendan ci hanno condotto per un viaggio all’interno del loro repertorio che ha visto una netta prevalenza verso i brani che hanno segnato l’epoca piu’ florida e feconda dei DCD, per intenderci prima dello scioglimento del 1998, con un Brendan sorprendentemente in evidenza (a mio parere personale), piu’ ispirato, piu disinvolto, maggiormente predisposto verso il pubblico rispetto alla sua solidale Lisa, piu’ contratta (forse infastidita dal caldo).
Premesso questo, non si è trattato di un semplice concerto, ma di magia pura: i nostri, in forma piu’ che mai, hanno sfoderato per intensità e grazia una performance vocale e musicale che ha lasciato tutti senza parole. Di fronte, il loro pubblico, devoto e fedele, in buona parte cresciuto con loro, inebriato e ammaliato da tanta solennità e poi straordinariamente generoso nel tributare il proprio amore verso la band per la quale il tempo sembra non passare mai.
I morti continuano a ballare.
Citazione di merito, doverosa e sincera, verso Astrid Williamson che alle 20.30 si è presentata in tutta la sua dolcezza sul palco per intrattenere i presenti per una mezz’ora. La cantante scozzese (che di li a breve sarebbe stata ancora sul palco con i DCD) ha eseguito un pugno di brani in solitudine, intercambiandosi tra chitarra e tastiere, destreggiandosi in modo perfetto tra le ricercatezze sonore dei brani tratti dagli ultimi lavori e il mood più pop di un pezzo come “I Am The Boy For You”, dai suoi esordi solisti. Elegante, affascinante eppure così magnetica nel suo modo semplice e spontaneo di proporsi, Astrid ha sfoggiato anche qualche parola in italiano e la cosa ce l’ha resa ancora più adorabile.
Foto di Enrico Sciarrone