Ammetto di essermela presa comoda questa volta nel buttar giù due righe di commento al sesto album della band londinese. Il motivo è presto detto. Sin dall’uscita del primo singolo “Traps” non nutrivo molte speranze in merito alla riuscita, quantomeno dignitosa, sul nuovo lavoro e nemmeno il successivo brano “The Girls Are Fighting” riuscì a farmi cambiare rotta. Premessa doverosa: ho sempre adorato i Bloc Party anche quando nel 2015 cambiarono la line-up, riconoscendo loro un ottimo lavoro per il sottovalutato “Hymns” del 2016.
Detto ciò, a distanza di un mese dall’uscita di “Alpha Games” devo dire che le cose sono cambiate, ho riscoperto un full-length che si è dimostrato essere assolutamente interessante e a tratti addirittura avvincente.
Il disco in realtà parte subito con una un sound tambureggiante affidato all’opener “Day Drinker” che porta in dote un classico refrain da urlare on stage. Stessa sorte anche per la successiva e richiamata “Traps”, energica portatrice di quel mood delle origini.
Chiaro che gran parte del merito è dovuto alla ricca personalità del frontman Kele Okereke – reduce peraltro da un ottimo album solista “The Waves Pt. 1” dello scorso anno – la quale inevitabilmente impatta in maniera decisa su tutto il disco. Il pop-funk di “You Should Know The Truth” ad esempio non sarebbe lo stesso senza l’impronta vocale di Kele laddove la martellante e inquietante “Callum Is A Snake” in realtà nasconde pillole di punk-rock.
Man mano che scorrono i brani ci si rende conto dell’ottima fattura del lavoro che, come accennato, vede alla sezione ritmica l’aggiunta degli elementi Justin Harris al basso e Louise Bartle alla batteria che vanno ad aggiungersi a Okereke e al chitarrista Russell Lissack. Abbandonate dunque le sonorità miti e intime del precedente album, i ragazzi britannici si muovono su terreno sperimentale che contorna il già citato ritorno alle origini.
Facile imbattersi nell’art-rock macchiato di tinte glam di “The Girls Are Fighting” che successivamente incontra le note melodiche prima di una bellissima “Of Things Yet To Come” e poi quelle ancora più morbide di “If We Get Caught”. Nel mezzo, degne di menzione, il sound psichedelico e cupo di “Sex Magik” e di “By Any Means Necessary”, prima della chiusura affidata alla silenziosa “The Peace Offering”.
Insomma, il ritorno dei Bloc Party – sebbene ben lontano dalle gemme ““Silent Alarm” e “A Weekend In The City” – alla fine mi è piaciuto. D’altronde “Alpha Games” contiene la summa di una band che negli anni si è fatta strada per il suo riconoscibile segno distintivo e che oggi appare senza dubbio temprata e matura.
Photo credit: Wunmi Onibudo