Un po’ grazie ad un sicuramente interessante romanzo di partenza (di Nataà«l Trapp) e altrettanto grazie all’effetto retromania (almeno su questo si può convenire che “Stranger Things” sia una serie spartiacque), questa serie targata Netflix Francia si fa guardare ben più che con piacere.
Una giovane aspirante suicida, proprio sul punto di commettere l’estremo gesto, ritrova lo scheletro di quello che fu Ismael, un giovane morto in circostanze misteriose nella sua stessa cittadina negli anni ’90. A partire dal giorno dopo e per una settimana, Lèa comincerà a vivere ogni giorno nei panni di Ismael e dei suoi compagni di scuola, tra i quali figurano anche i suoi stessi genitori.
Non solo Lèa vivrà il corpo e le emozioni dei suoi coetanei di un’altra generazione, ma si accorgerà presto di poter cambiare il corso della storia. Potrà quindi cambiare il destino di Ismael. Gli effetti collaterali, che non vi anticipo, sono ovviamente devastanti.
Lèa scoprirà misteri, canzoni dei Pixies, una generazione forse più inconsapevole e problematica della sua, e con la sua ingenuità post-adolescenziale avrà gioco facile a conquistare gli spettatori.
Nulla di trascendentale o rivoluzionario dal punto di vista estetico-narrativo, anzi forse anche un po’ troppo didascalica, la serie si fa divorare e offre una bella palette di personaggi e situazioni che qualche volta osano anche diventare scabrose.