Il nome di Kate Bush è tornato di moda recentemente, grazie al successo di “Stranger Things” che ha scelto la sua “Running Up That Hill” per accompagnare uno dei momenti chiave. Ottima occasione per fare un viaggio nella vasta discografia di un’artista camaleontica come pochi altri, volitiva e capace di abbandonare i panni di regina dell’alt pop anni ottanta per trovare stabilità lontano dalle luci della ribalta.
Bonus Track ““ Running Up That Hill (A Deal With God)
1985, da “Hounds Of Love”
Rischia seriamente di diventare inflazionata ma resta comunque di un’eleganza senza pari “Running Up That Hill” che grazie alla colonna sonora della nuova stagione di “Stranger Things” è tornata in classifica e sta vivendo una seconda giovinezza con il beneplacito proprio di Kate Bush, fan dichiarata della serie firmata Duffer Brothers.
10. Lily
2011, da “Director’s Cut”
Perfezionista fino in fondo, Kate Bush undici anni fa ha ripreso in mano e rielaborato molti brani storici nel suo personalissimo “Director’s Cut” musicale. “Lily” esce rinvigorita dal trattamento, modernizzata nell’arrangiamento e nella parte vocale.
9. Lake Tahoe
2011, da “50 Words For Snow”
Anno impegnato il 2011 che ha visto anche l’uscita dell’attesissimo “50 Words For Snow”, un album maturo e ormai lontano da qualunque pressione discografica . “Lake Tahoe” rappresenta la Kate Bush più minimale e intensa, piano voce e poco altro. Un brano che non conquista subito ma affascina col tempo.
8. In The Warm Room
1978, da “Lionheart”
Album numero due, uscito a pochi mesi di distanza dal fortunatissimo esordio “The Kick Inside”. “In The Warm Room” mette in mostra il celeberrimo falsetto, l’invidiabile estensione vocale in una ballata romantica dove è ancora una volta il pianoforte ad accompagnare virtuosismi mai fini a se stessi.
7. Houdini
1982, da “The Dreaming”
Disco interamente prodotto da lei che, con l’aiuto di diversi ingegneri del suono, realizza un quarto album decisamente sperimentale facendo ampio uso di sintetizzatori Fairlight CMI e muovendosi ancor più che in passato verso un pop teatrale e barocco, una svolta ben rappresentata da “Houdini”.
6. How To Be Invisible
2005, da “Aerial”
“Aerial”, il ritorno sulle scene dopo una lunga pausa che durava dal 1993, ha riconsegnato al mondo una Kate Bush più riflessiva e concentrata sul trovare un equilibrio organico tra voce e musica. “How To Be Invisible” è un altro brano che cresce alla distanza, non immediato ma capace di stregare chi ascolta.
5. Rubberband Girl
1993, da “The Red Shoes”
Ultimo album prima della già citata pausa dalle scene durata dodici anni, cinquantacinque minuti registrati agli Abbey Road Studios ricchi di cameo e collaborazioni (da Prince a Eric Clapton da Gary Brooker a Jeff Beck) con il pop brillante di “Rubberband Girl” che rappresentava il lato stravagante del disco.
4. The Sensual World
1989, da “The Sensual World”
James Joyce come fonte d’ispirazione per la title track del sesto album che rende omaggio alle materne origini irlandesi e fa buon uso delle lezioni di danza frequentate sotto la guida di Lindsay Kemp e del corso di mimo di Adam Darius. Un brano avvolgente dai toni quasi folk, meno immediato dei suoi grandi successi ma dotato di notevole grazia.
3. Hounds Of Love
1985, da “Hounds Of Love”
Kate Bush ha detto in più di un’occasione che la sua musica doveva farsi notare, spiccare senza scendere a compromessi e con il quinto album, “Hounds Of Love”, l’operazione può dirsi definitivamente riuscita. Ancora oggi considerato il suo migliore, è sicuramente uno dei più eclettici e romantici a partire dalla title track.
2. Babooshka
1980, da “Never For Ever”
I video, la danza, le coreografie, l’immagine in generale hanno contato molto per Kate Bush andando spesso di pari passo con la musica senza mai sovrastarla. “Babooshka” è emblematica del suo percorso artistico non solo sonoro ma come performer magnetica e unica nel suo genere.
1. Wuthering Heights
1978, da “The Kick Inside”
Ben due video hanno accompagnato l’uscita dello storico singolo “Wuthering Heights”, scegliamo la prima versione per il posto d’onore che spetta a un brano diventato simbolo di un periodo, tra fine anni settanta e primi anni ottanta, che Kate Bush ha attraversato da protagonista.